Lo ammetto!
Quando ho sentito la notizia al TG, in cuor mio, ho ringraziato questo professore, che ha avuto il coraggio e l’onestà di anteporre l’interesse del suo alunno al proprio tornaconto personale. L’ho ringraziato soprattutto perché in questo modo è stato messo in luce un grosso problema della scuola italiana: la preparazione della classe docente tutta.
Faccio parte di quella parte di persone che pensa che tutti i docenti dovrebbero essere preparati alla “disabilità”, o più in genere alle difficoltà, altrimenti non esisterà inclusione possibile. Ma quando parlo di inclusione, non intendo solo l’inclusione degli alunni DA (come li ama chiamare la nuova normativa) ma neanche quella dei DSA piuttosto che dei BES o di qualsivoglia bambino o ragazzo a cui verrà affibbiata una sigla.
Il professore che si sente inadeguato, di fronte all’alunno disabile grave è inadeguato all’insegnamento, perché tutti sanno insegnare a chi impara da solo, all’eccellenza. Il vero banco di prova, nella scuola così come nella vita, sono le difficoltà, l’imprevedibile, l’incomprensibile, l’imbarazzante. Sì l’imbarazzante… perché là disabilità, spesso, genera imbarazzo e più e grave e più imbarazza.
E se da un lato sono grata al professore, dall’altro sono preoccupata. I professori non si formano e non si specializzano, perché non vogliono rapportarsi con la disabilità: è emotivamente difficile, allora quando lo si fa, è troppe poche volte per scelta e nella maggior parte dei casi è per convenienza. Invece, se davvero si volesse una scuola per tutti, dove “per tutti” includiamo anche il bambino normo con capacità mediocri, allora i docenti dovrebbero scegliere, a priori, di rapportarsi anche con gli alunni disabili gravi, invece più sono gravi e più i genitori vengono invitati “a scegliere strutture idonee” perché il personale della scuola non è specializzato. Per cui da un lato ringrazio e dall’altro mi preoccupo, che la denuncia possa corrispondere non tanto a una denuncia del servizio che va adeguato, ma di un sistema in cui i disabili dovrebbero essere seguiti da personale “formato” ergo da strutture idonee, e questo mi fa venire un brivido lungo la schiena.
Sempre più spesso negli ultimi anni motiviamo le incapacità della scuola dicendo che il problema sono gli alunni. E’ un po’ come se si arrivasse in un ospedale e i medici si mettessero a curare la cosa sbagliata, a nessuno dopo verrebbe in mente di dire: “si vabbè ma era lui che era malato al cuore anziché allo stomaco, mica è colpa mia se è morto!” Anzi se succedesse una cosa del genere il medico rischierebbe pure una bella causa. Nella scuola non funziona così, anzi funziona che il problema è quasi sempre del ragazzo e della sua famiglia (sempre che la famiglia ci sia). Sì è della famiglia e del ragazzo il problema! Anche in questo casolo è! Perchè quel bambino autistico, non so in quanti lo abbiano realizzato, è restato senza insegnante!! Ma questo conta poco, quasi niente, perché si sa… la famiglia dovrebbe scegliere docenti più formati, strutture più adeguate…
Sì dovrebbe proprio farlo, perché così nella scuola finirebbe tutto quell’imbarazzo ogni volta che si incontra, quell’imbarazzo che si prova ogni qual volta troviamo di fronte qualcosa che non vorremmo ci capitasse, qualcosa di cui abbiamo paura, che è un po’ lo stesso imbarazzo di quando vediamo la coperta nella cabina telefonica o il barbone che dorme nel sottopassaggio, quell’imbarazzo che proviamo ogni qual volta la vita ci mette di fronte al fatto che siamo forse fortunati e che forse non ce lo meritiamo, perché è solo per un puro caso che siamo nati intelligenti, piuttosto che disabili, in grado di camminare, piuttosto che infermi, agiati piuttosto che poveri, bianchi piuttosto che neri e così via….
E a voi cosa ha fatto provare questa storia?
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