Alessandro Mosconi: come aquiloni… o quasi
Scritto da Simone Baroncia
Lunedì 23 Gennaio 2012 18:15
Alessandro Mosconi: come aquiloni… o quasi
A volte ci si imbatte in persone, che vivono una vita, che non è ‘normale’, cioè come nostro desiderio, ma è sempre vita; a volte ci si imbatte in persone che possono farti capire che qualunque stato della vita è vita; a volte ci si imbatte in genitori come Alessandro Mosconi, che può affermare “La forza del genitore sarà anche in quel caso quella di correre insieme a loro... magari più piano, meno spesso, e alla fine, quando correre non avrà più senso né scopo, sedersi ed abbracciarli, con la tenerezza di chi sa di aver fatto solo ciò che un genitore ‘deve’ fare... amare il proprio aquilone”; a volte ci si imbatte in figli come Dario Mosconi, che è felice per la vita che ha. Da questi molteplici fattori abbiamo scoperto un libro, ‘Come aquiloni… o quasi’ (
www.comeaquiloni.com), che ha vinto molti premi (2° premio assoluto e medaglia d'argento al ‘X Concorso Nazionale Diaristico F.M.Tripolone’, nel 2011; Premio della Giuria con diploma e menzione d'onore al 1° edizione del ‘Premio letterario Valentina’, nel 2011; finalista e secondo classificato ex-aequo al 2° concorso letterario ‘Dare alla luce, accogliere al mondo’; 2° classificato al Concorso letterario ‘Nati per vincere?’, nel 2010; vincitore del Contest ‘Write! Award’ Eni nel 2010. L’autore è nato a Monza nel 1958. Di professione geologo, ha iniziato a scrivere per raccontarsi e raccontare la sua esperienza di padre di tre figli, di cui due nati con diversi tipi di disabilità congenita di origine casuale.
Il libro rappresenta una sorta di grido di speranza e di dolore insieme, che prendendo origine dal racconto per episodi della quotidianità, affronta con serietà ed ironia il tema della diversità e riflette sui sentimenti contrastanti che essa genera in chi la vive di riflesso ogni giorno, o la sfiora casualmente anche solo per un attimo. La scrittrice Maria Collina, nell’assegnazione del Premio speciale della Giuria con menzione d’onore del premio ‘Valentina’ di Ascoli Piceno, in memoria di Valentina De Benedictis, ha affermato: “In questo libro si racconta la storia di due figli diversamente abili, l’avventura di due aquiloni che non scorgono l’orizzonte. Restano legati alla mano del padre. Una mano che si sente stretta da e a quel filo. L’autore parla di un rapporto paradossalmente privilegiato, in cui nel bene e nel male, si assiste ad un incredibile aumento dell’intensità della propria vita; una vita dove la gioia è più gioia, il dolore è più dolore. Un messaggio forte, dal quale credo, ogni uomo possa trarre un profondo insegnamento, lontano dal gusto corrente di proiettarsi sempre nel domani: il senso della vita ci è dato dal vivere intensamente l’oggi, con tutto l’amore che ogni attimo ci elargisce”.
Da questa nostra ‘curiosità’ appassionata abbiamo cercato l’autore e gli abbiamo posto alcune domande, alle quali cordialmente e tempestivamente ci ha risposto.
Come aquiloni... o quasi: come è nato il libro?
“Il libro è nato da una sorta di “urgenza” di mettere in ordine sentimenti, vissuti, piccoli episodi quotidiani e significativi che, hanno caratterizzato la mia esperienza di padre di tre figli, due dei quali con diverse disabilità intellettivo-relazionali. Perché un libro, specie se di questo genere, si scrive prima di tutto per sé… e solo poi anche per gli altri. Per raccontare loro che oltre il dolore, la fatica, le difficoltà che sicuramente accompagnano la vita di un figlio disabile e della sua famiglia, c’è di più… molto di più. C’è innanzitutto la coscienza che vivere da disabile o ‘con’ un disabile ‘si può’… e c’è la consapevolezza di un’umanità preziosa che spesso non viene valorizzata solo per paura, non conoscenza, imbarazzo. Raccontandomi come genitore ho cercato di gettare un piccolo ponte tra due mondi che spesso comunicano troppo poco e male… affinchè la conoscenza reciproca li avvicinasse un po’ di più. Con crudele onestà, ma anche con serenità ed un po’ di sana e doverosa autoironia, indispensabile e abituale compagnia di tante famiglie che si trovano a vivere in questo ‘mondo’ un po’ particolare.
Concretamente il libro è stato realizzato mettendo insieme in una sorta di patchwork un po’ caotico e solo apparentemente privo di un filo logico, frammenti di vita e riflessioni scritti negli ultimi 6-7 anni in un forum su internet dedicato alla disabilità intellettiva, con particolare riferimento alla Sindrome di Down, quella che ha mio figlio Dario, il maggiore, di 24 anni (
www.pianetadown.org). Il titolo del libro prende spunto da un famoso brano di Erma Bombeck che paragona i figli a degli aquiloni, ed i genitori a chi regge il rocchetto del filo con la coscienza che giorno dopo giorno, con gioia e dolore insieme, deve lasciare andare sempre più filo… per realizzare pienamente il proprio compito, fino a quando l’aquilone potrà volare solo, come è giusto che sia. Il ‘quasi’ ovviamente esprime il fatto che a volte, dolorosamente, questo volo ‘libero’ non è pienamente realizzabile… anche se parzialmente ‘possibile’”.
Cosa vuol dire raccontare la quotidianità della famiglia con due figli disabili?
“Per me ha significato essenzialmente riconoscere l’importanza di un cammino interiore, un grido di dolore e di speranza insieme, che mi ha portato ad essere quella persona e quel genitore che sono qui ed oggi; un cammino che è costellato di sentimenti contrastanti, non sempre edificanti nella loro natura, ma ugualmente importanti. E siccome sono convinto che pur essendo assimilabile ad un grande romanzo la vita è in realtà fatta di singoli episodi che ci svelano qualcosa… in una sorta di collezione di piccole ‘epifanìe’ successive… questo è lo stile che ho scelto per descrivere la mia coscienza di genitore e raccontarla a chi mi leggerà.
Con lo scopo ultimo che già dicevo prima… di mostrare a tutti l’incredibile o quantomeno insospettata ricchezza di ogni persona, che si nasconde ‘anche’ ad esempio nell’umanità violata di un disabile grave (quale Simone, il nostro secondo figlio oggi ventenne, nato con una malformazione cromosomica molto rara ed anch’essa casuale, la Sindrome di Wolf-Hirshorn). Credo di aver imparato dai miei figli, tutti e tre, compresa Marialetizia la nostra ultima figlia undicenne, capace di sciogliermi solo con uno sguardo… che la vita è un valore assoluto. Ognuno di loro me lo ha mostrato chiaramente, nei modi e con i mezzi che gli sono più congeniali e possibili, e questo è ciò che presuntuosamente vorrei ‘trasmettere’ con il mio libro”.
Nell'abecedario del libro alla lettera C ci sono due parole come Castrati e Coscienti. Come affrontare il tema sessuale con i figli disabili?
“Con onestà e naturalezza, guardando alle loro esigenze sessuali, siano esse istintive e/o affettive, come al naturale desiderio di pienezza di umanità che c’è in ognuno di noi, e che in ognuno di noi trova forme e modi differenti per esprimersi. Fino a poco tempo fa si pensava ad esempio che le persone Down non fossero capaci di sentimenti… niente di più falso. E la dimensione affettiva della sessualità è una realtà oggi sempre più presente e riconosciuta nella loro realtà. Ma va accompagnata con maggiore attenzione, professionalità e delicatezza, senza atteggiamenti ‘rivendicatori’ che affermando un’uguaglianza che di fatto non esiste… diano per scontato il diritto ad una sessualità ‘normale’. Questo vale sia per ciò che riguarda la sessualità che si esprime attraverso la corporeità, che quella ‘progettuale’ (il desiderio di sposarsi, formare una famiglia, fare figli…).
Ovviamente tutto questo nel caso della disabilità intellettivo-relazionale, deve necessariamente confrontarsi con il concetto di ‘responsabilità’, di ‘coscienza’ dei propri pregi e limiti, della capacità o meno di ‘prendersi cura di’… e così via. Ma è un cammino possibile e doveroso, in cui ogni persona con l’aiuto della famiglia, di una società priva di pregiudizi e di persone professionalmente capaci e preparate ad accompagnarli in questo cammino delicato ma bellissimo, può trovare un suo personale equilibrio ed un suo modo di realizzare la propria sessualità possibile. Senza preclusioni e pregiudizi, ma anche senza forzature”.
All'inizio del libro c'è una frase di Jim Morrison. In quale modo bisogna affrontare la vita?
“La frase in questione è questa: ‘Non prendere la vita troppo seriamente perché, comunque sia, non ne uscirai vivo!’ ed è stata riportata nella prefazione dalla carissima amica che l’ha scritta dopo aver letto il mio libro, dicendo che essa rispecchia il mio modo di scrivere… e di conseguenza… di vivere: un grande complimento. Credo che l’ironia, specie l’autoironia… il saper ridere di se stessi, delle proprie debolezze e limiti, anche tristemente a volte, oltre che essere necessario per dare la giusta dimensione alle cose… sia anche salutare, ed aiuti ad affrontare la vita con il giusto spirito.
E’ così per tutti… figuriamoci per chi ogni giorno deve confrontarsi dolorosamente con l’evidente e crudele coscienza dell’imperfezione del mondo, attraverso lo sguardo dei propri figli che si specchia, inevitabilmente, nel suo. Certo deve essere un’ironia non fine a se stessa, e quindi non “totalizzante”, come nemmeno lo devono essere il dolore, la rabbia, la nostalgia, oppure l’ottimismo irragionevole o il sorriso che si alternano o si sovrappongono nella vita di ogni genitore ‘disabile’. E questo ho cercato di trasmettere nelle quasi 500 pagine del mio libro”.
Fonte:
http://www.korazym.org/index.php/lib...i-o-quasi.html
Segnalibri