Dio ha creato paesi ricchi d'acqua perché gli uomini ci possano vivere, i deserti perché vi ritrovino la propria anima." proverbio Tuareg .
Almeno una barzelletta ti fa ridere,queste persone invece fanno piangere!
purtroppo la strada per la vera integrazione nella scuola è lunga e tortuosa, è vero..
però cosa credi che imparino in questi centri???Tieni presente che poi son tutti insieme , alcuni parlano, altri non sanno come esprimersi, altri ancora urlano per un nonnulla....magari fossero tutti down!!!!
Lele è ancora terrorizzato (dopo un anno e mezzo) da un bambino più grande che , se contrariato, faceva delle sceneggiate allucinanti con urla e smorfie spaventose agli occhi di un bimbo piccolo...almeno nella scuola normale ne mettono uno per classe ....
Poi nella programmazione di questi centri bisogna adeguarsi al livello e ai problemi di tutti.. nn è mica una passeggiata...per esempio, mio figlio che parlava poco è male è stato messo in gruppo con bambini che nn parlavano...che aiuto poteva avere da quel genere di ambiente?
Con tutto il rispetto per le competenze e per la passione degli operatori di questi posti, secondo me vanno bene per qualche attività dopo la scuola ma nn possono certo sostituirla.
Permettetemi di oppormi con tutte le mie forze a questa affermazione. Il valore principale della scuola (per nessuno!) non sta certo nelle nozioni che vi si possono imparare, ma e soprattutto nel suo essere "scuola di vita"... nella possibilità che è data a chi la frequenta di vivere uno spaccato realistico e reale del mondo... composto in modo il più possibile statisticamente significativo da tutti i suoi componenti (per questo sono sempre statocontrario alle scuole private anche, che comunque, discriminando sulla base di reddito, cultura, od anche ideologia... creano dei micromondi "a parte", che non sono affatto vicini a ciò con cui gli studenti dovranno confrontarsi una volta "fuori"). Questo vale per i disabili... ma anche per i normodotati. Per fare cultura della non-diversità dobbiamo affermare con forza che la diversità "ESISTE", e renderla evidente a TUTTI, facendo fare a tutti esperienza di disabilità. Per abbattere muri, rompere pregiudizi, smontare falsità... ed anche per creare familiarità, normalità di rapporto, abitudine (nel senso buono del termine, quello che deriva dalla parola "abito").
Ritirare i nostri figli nelle scuole speciali potrebbe forse far aumentare l'efficienza del loro possibile apprendimento, anche se non credo di molto, visto che essa è condizionata da ben altri fattori... ma creerebbe dei danni incommensurabili di carattere culturale sulla possibile integrazione e sul modo di guardare al mondo della disabilità... che per quanto "integrato" ... "incluso"... o che so io... sarà sempre distinto e distinguibile in questo mondo non "ideale".
Non facciamo autogoal clamorosi... svendendo obiettivi importanti ed ambiziosi... per un pugno di competenze scolastiche di discutibile utilità!
Mostriamo al mondo che anche essendo genitori di figli disabili... ci si può occupare e preoccupare del mondo intero... è quello che desideriamo ed a volte pretendiamo dal mondo verso i nostri figli... per cui l'esempio non guasta (faccio fatica in questo senso anche ad accettare il discorso di mela... quando dice che "in questi centri bisogna adeguarsi al livello ed ai problemi di tutti"; ma come... non è ciò che pretendiamo per i nostri figli nella scuola pubblica?).
E' un parere...ovviamente![]()
Nell'ambito dei "pareri personali", io la penso come Sandro, e non solo per i nostri figli disabili.
In particolare io penso che la nostra "missione", appunto quali genitori di figli disabili, sia quella di creare le condizioni affinchè i nostri adorati figli abbiano il loro posto nella società, non restando relegati ai suoi margini.
Ebbene, questo percorso, accidentato, in salita, lastricato di dolori, ma anche di soddisfazioni, passa anche dalla scuola, anzi, è proprio lì che comincia. E' lì che i bambini, e i loro genitori, conoscono i nostri figli, e magari imparano ad apprezzarli e ad amarli. E' lì che si creano i presupposti perchè un domani non venga considerato "scandaloso" che un ragazzo disabile sia assunto in una ditta o che raggiunga determinati traguardi di autonomia in generale.
Sono frasi scontate, lo so, ma io sono partita da così in basso, quanto a cultura della disabilità, quando è nata la mia adorata Letizia, che per me dire queste cose costituisce un'evoluzione.....
gigliorosa
Martina la maggioranza del tempo scuola lo vive "sola" in un'aula , chiamata aula azzurra , con la sua insegnante di sostegno; quando è scoperta , lo vive all'interno della classe pasticciando il diario , con conseguente nota (perchè cancella le materie ) , o autodandosi esercizi di matematica , l'educatrice che la segue l'anno scorso ha tentato di inserirla ad un uscita al cinema ...con le compagne che stavano organizzando ...era dicembre .... lo ricordo benissimo, nel pomeriggio mi ha chiamata una mamma dicendo che per il brutto tempo avevano deciso di rimandare ad un altro giorno ... e che mi avrebbe chiamata .... io sto ancora aspettando la telefonata !!!!
Dio ha creato paesi ricchi d'acqua perché gli uomini ci possano vivere, i deserti perché vi ritrovino la propria anima." proverbio Tuareg .
concordo pienamente con Sandro, riguardo alla non opportunità di "ritirare" i nostri figli in scuole speciali. E concordo anche sul fatto che il maggior valore della scuola è proprio quello di essere scuola di vita.
Però, a scuola qualcosa bisogna pur imparare...
In particolare, se vogliamo che i nostri figli siano ben accetti e con un loro ruolo nella società, non basta, secondo me, abituare il mondo alla loro presenza, farli conoscere.... Per quanto queste cose siano importanti, non posso fare a meno di pensare che una buona integrazione è più facile se anche il disabile fa passi verso il "resto del mondo". E' innegabile, se la scuola "funziona" con i nostri ragazzi, consentendo loro di acquisire competenze (non necessariamente nozioni), i vantaggi poi si vedono. Perchè un ragazzo che sa parlare bene, leggere bene, scrivere, che ha argomenti da portare, che è autonomo nelle sue spese.... a me pare ovvio che sia più facilmente integrato. Per non parlare delle potenzialità di sviluppi professionali.
In sostanza, quello che voglio dire è che comunque dobbiamo pretendere che ci sia insegnamento vero, non basta "stare" con gli altri.
E in fondo, per quanto possa sembrare contradditorio, secondo me ha ragione anche mela quando critica le scuole speciali perchè lì bisogna adattarsi ai bisogni di tutti. In teoria l'eccezione sollevatale da Sandro sta in piedi, ma in pratica non ci dobbiamo dimenticare che i nostri figli hanno delle difficoltà specifiche, dei bisogni educativi speciali. Non mi sembra giusto chiedere a loro la "tolleranza" che pretendiamo da chi invece ha tutti gli strumenti per stare in piedi da solo a questo mondo.
Spero di essermi spiegata....
Maddalena, mamma di Monica, 11 anni
D'accrodissimo con la prima sottolineatura di Maddy... che avevo dato per scontata nel mio intervento sul tema.
Un po' meno sulla seconda... anche i normo hanno bisogno in teoria di attenzioni personalizzate... se è vero come è vero che ogni persona è unica. E questa è l'attenzione che si dovrebbe avere in qualsiasi "luogo" dove si abbia la pretesa di insegnare alle persone... anche se riunite in gruppi. Se poi nel bilancio qualcuno deve rinunciare a qualcosa... ci sta. Lo devono probabilmente fare i "piccoli geni" (o ci va bene che facciano le "scuole speciali" per loro?)... e lo devono fare... i "piccoli down".
sì hai ragione, anche il piccolo down deve capire che non è il solo al mondo ad avere dei bisogni, un pò di cultura della diversità fa bene anche a lui, ne sono più che convinta.
Ma se questo accrescimento mentale importante che deriva dallo stare in un gruppo anche con persone ancora più speciali del piccolo down va a discapito dell'apprendimento del linguaggio, ad esempio, allora io dico di no.
Fortunatamente il mondo non è tutto bianco o tutto nero, e io sto facendo una schematizzazione teorica ... ma se torniamo alle scuole speciali, lì le cose sarebbero più reali![]()
Maddalena, mamma di Monica, 11 anni
Sandro, il mio discorso è questo: in una classe di scuola normale ci sono ragazzini più o meno avanti ma sempre nella norma, poi ce ne possono essere un paio più indietro e poi , di solito, c'è un (uno solo!) ragazzo con handicap.
E' ovvio che tutti devono imparare a convivere con i difetti\problemi degli altri ..e in queste condizioni magari è anche possibile.
ma se la classe mi diventa composta chessò, da 2 down, un sordomuto, un cieco, un paraplegico magari intelligentissimo, un autistico ecc ecc ecc...
è chiaro che è molto difficile che la programmazione possa essere comune per tutti, non trovi?
Un conto se tutti hanno più o meno un handicap simile e allora vabbè, è relativamente facile (relativamente!!!!) trovare obiettivi comuni ma in questi centri i problemi son tutti diversi e a volte è possibile 'incastrare' le situazioni, a volte,a mio avviso, no.
Per questo sono una fantastica risorsa se si parla di abilità pratica\manuale(imparare a vestirsi\lavarsi\cucinare ecc ecc) magari anche di socialità per il pomeriggio o, per i più piccoli, di conoscenze a livello scuola materna (imparo il calendario, le stagioni, coltivo la pianta ecc ecc) ma , sinceramente , non li vedo come sostituzione della scuola.
Soprattutto se si parla di ragazzini delle medie
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