mariasole
18-05-2014, 02:30
Oggi sono andata con Mariasole a visitare la scuola primaria dove andrà a settembre, e a conoscere la sua insegnante curriculare.
Nel mio paese c'è solo una classe per ogni età, quindi chi termina la classe quinta, a settembre prenderà la prima.
Sono stata piacevolmente sorpresa della disponibilità e cortesia dell'insegnante, tanto che, pur ammettendo di non aver mai insegnato con bambini con disabilità, mi ha chiesto delle letture per l'estate con cui informarsi. E dulcis in fundo ha regalato un piccolo libro a Mariasole...un piccolo gesto che però per me ha significato molto .
Sono stata subito chiara: l'insegnante di sostegno non è di Mariasole, ma deve essere una opportunità per tutta la classe, anche per l'insegnante curriculare: è come avere sempre una compresenza, a vantaggio di tutti, anche se con un occhio di riguardo per la mia bambina.
Mi piace e ho sempre ammirato molto questo autore...voi che ne dite? idee troppo innovative?
http://aipd.it/aipd_scuola/dibattito-aperto-sullevoluzione-dellinsegnante-di-sostegno/
Scheda n.469.
Dibattito aperto sull’evoluzione dell’insegnante di sostegno
Riforma della scuolaInsegnanti curricolariInsegnanti di sostegnoQualità dell'integrazione
Recentemente il Centro Studi Erickson di Trento ha pubblicato l’interessantissimo volume “L’evoluzione dell’insegnante di sostegno” di Dario Ianes, che ha avuto anche una presentazione dello stesso A. on line negli scorsi giorni.
Il volume di 159 pp. si apre con la lettera di un genitore sconfortato per la pessima inclusione del figlio con disabilità, la quale lo ha indotto a iscriverlo in una scuola speciale.
Ianes premette alla trattazione un capitolo in cui professa la sua piena convinzione nella inclusione nelle scuole comuni, purchè essa si rinnovi. Il volume sviluppa tale tesi, partendo dall’analisi di numerose ricerche, già pubblicate precedentemente della Fondazione Agnelli, sue, insieme a Canevaro, D’Alonzo, Caldìn ed altre, in cui vengono presentate con dovizie di dati le criticità attuali dell’inclusione scolastica in Italia. Esse sono fondamentalmente la delega del progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno da parte dei docenti curricolari; l’emarginazione degli alunni con disabilità più complesse nelle cosiddette “aule di sostegno”, la crescente durata della giornata scolastica trascorsa nelle aule di sostegno, passando dagli anni Settanta ad oggi. Questi aspetti sono certo indicatori di un’inclusione mal riuscita o peggio tradita.
L’A. ritiene che questa inversione rispetto ai successi qualitativi iniziali dell’inclusione sia dovuta al fatto che essa non si è “evoluta”, poiché le iniziative umane se non si rigenerano, decadono. Sulla base di questi risultati negativi e di questa constatazione delle scienze umane, l’A. propone la sua ipotesi di “evoluzione” della figura dell’insegnante per il sostegno. Essa era già proposta nella ricerca della Fondazione Agnelli, di cui il volume pubblica in appendice il capitolo essenziale. Però nel presente volume la tesi è esposta in modo più analitico e quindi più chiaro.
L’A. propone di rimandare nelle classi l’80% degli attuali 110.000 circa insegnanti per il sostegno. Però, mentre nella ricerca della F. Agnelli non si comprendeva se tali docenti tornassero a fare i docenti curricolari, nell’attuale volume è chiaramente detto che essi tornano a fare i docenti curricolari, in compresenza coi precedenti colleghi curricolari che aiutano a coinvolgere nell’inclusione. Il restante 20%, circa 20.000 formerebbero dei Gruppi di esperti, che verrebbero superspecializzati, itineranti per gruppi di scuole (circa 10 classi a testa visitate mediamente una volta alla settimana), come supervisori periodici. Anche su questi gruppi il volume è più chiaro della proposta contenuta nella Ricerca Agnelli, laddove si prevede addirittura che tali gruppi assumerebbero personalità giuridica, con un’indipendenza piena o quasi dall’Amministrazione scolastica regionale.
Segue quindi un capitolo con riflessioni conclusive circa la formazione dei docenti curricolari, per la quale l’A. rinvia ad uno scritto, pubblicato anch’esso in appendice, relativo ad uno studio dell’Agenzia europea per l’inclusione scolastica.
Il volume è assai stimolante perché invita ad un’autocritica serrata quanti crediamo nell’inclusione scolastica, mettendoci di fronte alle effettive degenerazioni oggi abbondantemente comprovate. La soluzione è vista nella piena realizzazione del principio di personalizzazione che deve riguardare non solo gli alunni con disabilità, né anche solo i nuovi aggiunti, cioè quelli certificati o individuati con altri bes, ma tutti gli alunni. A ciò possono contribuire i due contingenti di ex insegnanti per il sostegno, la maggior parte dei quali si distribuisce nelle classi come organico funzionale, non più quindi legato alle certificazioni sanitarie, ma secondo i criteri dell’ICF. Il contingente più piccolo farebbe da sostegno superspecializzato permanente a questa opera di disseminazione personalizzata.
La prima delle due ipotesi è certamente affascinante, specie per chi, come me, ha duramente criticato negli ultimi anni la delega totale ai soli docenti per il sostegno, con conseguente serie alluvionale di decisioni dei TAR che assegnano ore di sostegno, quando i docenti curricolari abbandonano in fondo alla classe o peggio nell’aula cosiddetta di sostegno o in corridoio gli alunni con disabilità, privi in quelle ore di docenti per il sostegno. E le decisioni dei TAR, con un’impeccabile logica giuridica, ritenendo solo il sostegno unica risorsa all’inclusione, assegnano tante ore di sostegno quante sono le ore di scolarizzazione, ricreando così un rapporto duale che esclude gli alunni con disabilità dalle didattiche cooperative coi compagni e quindi sostanzialmente dall’inclusione.
Ciò però che mi lascia perplesso in questa prima condizione è che, sia pur se accennata, non è sviluppata la modalità organizzativa della formazione degli attuali docenti curricolari che debbono prendersi in carico il progetto inclusivo, anche se collaborati dagli ex docenti per il sostegno.
Infatti, senza una preventiva e contemporanea permanente formazione di tali docenti curricolari, si rischia che la delega ai soli ex docenti per il sostegno permanga ed addirittura si rafforzi.
Come fa infatti di colpo un docente curricolare di lettere o di matematica di scuola secondaria, attualmente digiuno di formazione sulle didattiche inclusive e di esperienza di didattiche cooperative a prendersi in carico gli alunni con disabilità? Non c’è il rischio che, apparentemente tutto cambi, ma che in sostanza tutto rimanga con la delega come ora?
In attesa di una seria formazione iniziale, specie per i docenti di scuola secondaria, la proposta di legge della FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, prevede dei brevi corsi di aggiornamento sulla programmazione collegiale del PEI, preceduta da come si legge una diagnosi funzionale per saper poi gestire il pei e saperlo valutare. I corsi da svolgersi dal 1° al 15 settembre di ogni anno e poi con un richiamo verso novembre potrebbero avvalersi delle competenze degli ex docenti per il sostegno, esperti delle associazioni di persone con disabilità ed altri esperti universitari e potrebbero organizzarsi , anche tramite filmati di conferenze e buone prassi on line e secondo anche le modalità descritte nel volume di Maglioni e Biscaro “La classe capovolta”, cioè con la somministrazione ai docenti curricolari di indicazioni bibliografiche e sitografiche e successiva discussione suscitata dalle domande dei corsisti, anche suddivisi per piccoli gruppi.
Ma quando gli ex docenti per il sostegno saranno andati in pensione, chi svolgerà il lavoro formativo in compresenza?
Se a ciò si aggiunge il fatto delle classi numerose (cui il volume accenna in una pagina, senza poi però sviluppare le controproposte di superamento), il rischio che l’auspicata “rigenerazione” sortisca scarsissimi o nulli effetti è assai probabile.
C’è inoltre da chiedersi come sia possibile aggiungere, inserendoli nei ruoli a tempo indeterminato, agli attuali docenti curricolari un numero di circa 60.000 ex docenti per il sostegno (circa 30 mila sono o rimarranno precari, molti dei quali privi di specializzazione), mentre il MIUR da almeno cinque anni sta tagliando fortemente il numero di ore di insegnamento e di posti comuni.
Il volume critica alcune proposte come quella della creazione di appositi ruoli per il sostegno (tesi sostenuta in una proposta di legge di recente presentazione della FISH di cui sono stato propugnatore – cui inizialmente ero contrario), però non approfondisce l’aspetto assai pure importante del sovraffollamento delle classi, che può essere risolto, solo che si imponga il rispetto degli art. 4 e 5 comma 2 DPR n° 81/09, secondo cui una classe frequentata da alunni con disabilità non può avere più di 20, massimo 22 alunni. Quanto alla formazione ricorrente in servizio dei docenti curricolari, oggi essa è possibile a seguito dell’approvazione della L. n° 128 del novembre 2013 che all’art. 16 comma 1 lettera B prevede l’obbligo di formazione in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive.
Però, in mancanza di una formazione iniziale ed un programma di formazione obbligatorio in servizio pluriennale, mi sembra impossibile che tale formazione possa avvenire in due anni, come espressamente detto alla fine del capitolo quarto.
E poi dove si trovano i 35 milioni di euro, come si prevede nel volume, quando stiamo litigando per dividerci tra i sette ambiti di intervento formativo, tra cui le didattiche inclusive, i dieci milioni di euro stanziati dalla L. n° 128/13? Si tenga presente che nel mentre il MIUR ha azzerato i fondi specifici sulla formazione sulle didattiche inclusive dei docenti previsti dalla L. n° 104/92, dalla L. n° 440/97 e dalla L. n° 69/2000, per il cui taglio è stata presentata apposita recente interrogazione alla Camera.
Quanto alla seconda condizione di “rigenerazione evolutiva”, la costituzione di nuclei di supervisori superspecializzati itineranti, mi lascia assai perplesso per i seguenti motivi:
I nostri docenti difficilmente accettano di riconoscere l’autorità di colleghi supervisori;
Come potrà un docente, sia pur superspecializzato, formare i colleghi curricolari totalmente digiuni di formazione didattica, specie nelle scuole secondarie, a gestire il pei degli alunni con disabilità con un solo incontro settimanale di un paio d’ore?
Diffido di esperti che si limitino a prestare consulenze senza contemporaneamente lavorare in classe; pertanto almeno la condizione potrebbe essere ipotizzata con un esonero parziale dal servizio per attività di supervisione; mi rendo conto però dei problemi organizzativi che ciò comporterebbe, motivo per cui non ho sostenuto l’ipotesi, pur passata in rassegna nel volume, di docenti per il sostegno “bis-abili”, cioè con la suddivisione della cattedra in docenza curricolare e di sostegno. Però i problemi organizzativi dovrebbero essere inferiori se riguardanti 20.000 docenti piuttosto che 90.000.
Comunque con dei radicali correttivi, culturali ed organizzativi, le due ipotesi di Ianes possono essere prese in considerazione per ulteriori urgenti approfondimenti, specie in funzione di organici funzionali di reti di scuole, che però, a mio avviso, almeno per ora, non possono prescindere dalla presenza di docenti specializzati per il sostegno.
Come pure può approfondirsi l’ipotesi di appositi ruoli di sostegno presente nella proposta di legge FISH. Essa è stata avanzata per superare la crescente discontinuità di docenza assai dannosa specie per gli alunni con disabilità intellettive e relazionali. Se la formazione iniziale dei futuri docenti per il sostegno, specie di scuola secondaria, fosse simile a quella già prevista per i docenti della scuola dell’infanzia e primaria, cioè con formazione disciplinare di base a livello elementare e non di specializzazione disciplinare, il rischio paventato di creare una figura professionale che i docenti curricolari sentirebbero a loro estranea potrebbe essere fugato.
In conclusione il volume spinge a riflettere sul futuro prossimo dell’inclusione, stimolando, come pure fa, la ricerca anche sull’autovalutazione e sulla valutazione della sua qualità tramite indicatori che si inseriscano nell’insieme degli indicatori di qualità del sistema di istruzione, in cui il crescente ruolo della formazione dei docenti curricolari e dell’abbandono della delega dei docenti per il sostegno dovrebbero divenire aspetti essenziali.
A ciò induce a riflettere anche la recente pubblicazione di Allulli ed altri sull’autovalutazione di Istituto, che però, pur soffermandosi sugli indicatori di qualità del sistema, non approfondisce l’aspetto concernente gli indicatori sulla qualità inclusiva, che comunque il MIUR dovrà individuare in attuazione del DPR n° 80/13.
Pubblicato il 23/4/2014
Aggiornato il 5/5/2014
Avvocato Salvatore Nocera
Responsabile dell'area Normativo-Giuridica dell'Osservatorio dell’AIPD sull’integrazione scolastica
Nel mio paese c'è solo una classe per ogni età, quindi chi termina la classe quinta, a settembre prenderà la prima.
Sono stata piacevolmente sorpresa della disponibilità e cortesia dell'insegnante, tanto che, pur ammettendo di non aver mai insegnato con bambini con disabilità, mi ha chiesto delle letture per l'estate con cui informarsi. E dulcis in fundo ha regalato un piccolo libro a Mariasole...un piccolo gesto che però per me ha significato molto .
Sono stata subito chiara: l'insegnante di sostegno non è di Mariasole, ma deve essere una opportunità per tutta la classe, anche per l'insegnante curriculare: è come avere sempre una compresenza, a vantaggio di tutti, anche se con un occhio di riguardo per la mia bambina.
Mi piace e ho sempre ammirato molto questo autore...voi che ne dite? idee troppo innovative?
http://aipd.it/aipd_scuola/dibattito-aperto-sullevoluzione-dellinsegnante-di-sostegno/
Scheda n.469.
Dibattito aperto sull’evoluzione dell’insegnante di sostegno
Riforma della scuolaInsegnanti curricolariInsegnanti di sostegnoQualità dell'integrazione
Recentemente il Centro Studi Erickson di Trento ha pubblicato l’interessantissimo volume “L’evoluzione dell’insegnante di sostegno” di Dario Ianes, che ha avuto anche una presentazione dello stesso A. on line negli scorsi giorni.
Il volume di 159 pp. si apre con la lettera di un genitore sconfortato per la pessima inclusione del figlio con disabilità, la quale lo ha indotto a iscriverlo in una scuola speciale.
Ianes premette alla trattazione un capitolo in cui professa la sua piena convinzione nella inclusione nelle scuole comuni, purchè essa si rinnovi. Il volume sviluppa tale tesi, partendo dall’analisi di numerose ricerche, già pubblicate precedentemente della Fondazione Agnelli, sue, insieme a Canevaro, D’Alonzo, Caldìn ed altre, in cui vengono presentate con dovizie di dati le criticità attuali dell’inclusione scolastica in Italia. Esse sono fondamentalmente la delega del progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno da parte dei docenti curricolari; l’emarginazione degli alunni con disabilità più complesse nelle cosiddette “aule di sostegno”, la crescente durata della giornata scolastica trascorsa nelle aule di sostegno, passando dagli anni Settanta ad oggi. Questi aspetti sono certo indicatori di un’inclusione mal riuscita o peggio tradita.
L’A. ritiene che questa inversione rispetto ai successi qualitativi iniziali dell’inclusione sia dovuta al fatto che essa non si è “evoluta”, poiché le iniziative umane se non si rigenerano, decadono. Sulla base di questi risultati negativi e di questa constatazione delle scienze umane, l’A. propone la sua ipotesi di “evoluzione” della figura dell’insegnante per il sostegno. Essa era già proposta nella ricerca della Fondazione Agnelli, di cui il volume pubblica in appendice il capitolo essenziale. Però nel presente volume la tesi è esposta in modo più analitico e quindi più chiaro.
L’A. propone di rimandare nelle classi l’80% degli attuali 110.000 circa insegnanti per il sostegno. Però, mentre nella ricerca della F. Agnelli non si comprendeva se tali docenti tornassero a fare i docenti curricolari, nell’attuale volume è chiaramente detto che essi tornano a fare i docenti curricolari, in compresenza coi precedenti colleghi curricolari che aiutano a coinvolgere nell’inclusione. Il restante 20%, circa 20.000 formerebbero dei Gruppi di esperti, che verrebbero superspecializzati, itineranti per gruppi di scuole (circa 10 classi a testa visitate mediamente una volta alla settimana), come supervisori periodici. Anche su questi gruppi il volume è più chiaro della proposta contenuta nella Ricerca Agnelli, laddove si prevede addirittura che tali gruppi assumerebbero personalità giuridica, con un’indipendenza piena o quasi dall’Amministrazione scolastica regionale.
Segue quindi un capitolo con riflessioni conclusive circa la formazione dei docenti curricolari, per la quale l’A. rinvia ad uno scritto, pubblicato anch’esso in appendice, relativo ad uno studio dell’Agenzia europea per l’inclusione scolastica.
Il volume è assai stimolante perché invita ad un’autocritica serrata quanti crediamo nell’inclusione scolastica, mettendoci di fronte alle effettive degenerazioni oggi abbondantemente comprovate. La soluzione è vista nella piena realizzazione del principio di personalizzazione che deve riguardare non solo gli alunni con disabilità, né anche solo i nuovi aggiunti, cioè quelli certificati o individuati con altri bes, ma tutti gli alunni. A ciò possono contribuire i due contingenti di ex insegnanti per il sostegno, la maggior parte dei quali si distribuisce nelle classi come organico funzionale, non più quindi legato alle certificazioni sanitarie, ma secondo i criteri dell’ICF. Il contingente più piccolo farebbe da sostegno superspecializzato permanente a questa opera di disseminazione personalizzata.
La prima delle due ipotesi è certamente affascinante, specie per chi, come me, ha duramente criticato negli ultimi anni la delega totale ai soli docenti per il sostegno, con conseguente serie alluvionale di decisioni dei TAR che assegnano ore di sostegno, quando i docenti curricolari abbandonano in fondo alla classe o peggio nell’aula cosiddetta di sostegno o in corridoio gli alunni con disabilità, privi in quelle ore di docenti per il sostegno. E le decisioni dei TAR, con un’impeccabile logica giuridica, ritenendo solo il sostegno unica risorsa all’inclusione, assegnano tante ore di sostegno quante sono le ore di scolarizzazione, ricreando così un rapporto duale che esclude gli alunni con disabilità dalle didattiche cooperative coi compagni e quindi sostanzialmente dall’inclusione.
Ciò però che mi lascia perplesso in questa prima condizione è che, sia pur se accennata, non è sviluppata la modalità organizzativa della formazione degli attuali docenti curricolari che debbono prendersi in carico il progetto inclusivo, anche se collaborati dagli ex docenti per il sostegno.
Infatti, senza una preventiva e contemporanea permanente formazione di tali docenti curricolari, si rischia che la delega ai soli ex docenti per il sostegno permanga ed addirittura si rafforzi.
Come fa infatti di colpo un docente curricolare di lettere o di matematica di scuola secondaria, attualmente digiuno di formazione sulle didattiche inclusive e di esperienza di didattiche cooperative a prendersi in carico gli alunni con disabilità? Non c’è il rischio che, apparentemente tutto cambi, ma che in sostanza tutto rimanga con la delega come ora?
In attesa di una seria formazione iniziale, specie per i docenti di scuola secondaria, la proposta di legge della FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, prevede dei brevi corsi di aggiornamento sulla programmazione collegiale del PEI, preceduta da come si legge una diagnosi funzionale per saper poi gestire il pei e saperlo valutare. I corsi da svolgersi dal 1° al 15 settembre di ogni anno e poi con un richiamo verso novembre potrebbero avvalersi delle competenze degli ex docenti per il sostegno, esperti delle associazioni di persone con disabilità ed altri esperti universitari e potrebbero organizzarsi , anche tramite filmati di conferenze e buone prassi on line e secondo anche le modalità descritte nel volume di Maglioni e Biscaro “La classe capovolta”, cioè con la somministrazione ai docenti curricolari di indicazioni bibliografiche e sitografiche e successiva discussione suscitata dalle domande dei corsisti, anche suddivisi per piccoli gruppi.
Ma quando gli ex docenti per il sostegno saranno andati in pensione, chi svolgerà il lavoro formativo in compresenza?
Se a ciò si aggiunge il fatto delle classi numerose (cui il volume accenna in una pagina, senza poi però sviluppare le controproposte di superamento), il rischio che l’auspicata “rigenerazione” sortisca scarsissimi o nulli effetti è assai probabile.
C’è inoltre da chiedersi come sia possibile aggiungere, inserendoli nei ruoli a tempo indeterminato, agli attuali docenti curricolari un numero di circa 60.000 ex docenti per il sostegno (circa 30 mila sono o rimarranno precari, molti dei quali privi di specializzazione), mentre il MIUR da almeno cinque anni sta tagliando fortemente il numero di ore di insegnamento e di posti comuni.
Il volume critica alcune proposte come quella della creazione di appositi ruoli per il sostegno (tesi sostenuta in una proposta di legge di recente presentazione della FISH di cui sono stato propugnatore – cui inizialmente ero contrario), però non approfondisce l’aspetto assai pure importante del sovraffollamento delle classi, che può essere risolto, solo che si imponga il rispetto degli art. 4 e 5 comma 2 DPR n° 81/09, secondo cui una classe frequentata da alunni con disabilità non può avere più di 20, massimo 22 alunni. Quanto alla formazione ricorrente in servizio dei docenti curricolari, oggi essa è possibile a seguito dell’approvazione della L. n° 128 del novembre 2013 che all’art. 16 comma 1 lettera B prevede l’obbligo di formazione in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive.
Però, in mancanza di una formazione iniziale ed un programma di formazione obbligatorio in servizio pluriennale, mi sembra impossibile che tale formazione possa avvenire in due anni, come espressamente detto alla fine del capitolo quarto.
E poi dove si trovano i 35 milioni di euro, come si prevede nel volume, quando stiamo litigando per dividerci tra i sette ambiti di intervento formativo, tra cui le didattiche inclusive, i dieci milioni di euro stanziati dalla L. n° 128/13? Si tenga presente che nel mentre il MIUR ha azzerato i fondi specifici sulla formazione sulle didattiche inclusive dei docenti previsti dalla L. n° 104/92, dalla L. n° 440/97 e dalla L. n° 69/2000, per il cui taglio è stata presentata apposita recente interrogazione alla Camera.
Quanto alla seconda condizione di “rigenerazione evolutiva”, la costituzione di nuclei di supervisori superspecializzati itineranti, mi lascia assai perplesso per i seguenti motivi:
I nostri docenti difficilmente accettano di riconoscere l’autorità di colleghi supervisori;
Come potrà un docente, sia pur superspecializzato, formare i colleghi curricolari totalmente digiuni di formazione didattica, specie nelle scuole secondarie, a gestire il pei degli alunni con disabilità con un solo incontro settimanale di un paio d’ore?
Diffido di esperti che si limitino a prestare consulenze senza contemporaneamente lavorare in classe; pertanto almeno la condizione potrebbe essere ipotizzata con un esonero parziale dal servizio per attività di supervisione; mi rendo conto però dei problemi organizzativi che ciò comporterebbe, motivo per cui non ho sostenuto l’ipotesi, pur passata in rassegna nel volume, di docenti per il sostegno “bis-abili”, cioè con la suddivisione della cattedra in docenza curricolare e di sostegno. Però i problemi organizzativi dovrebbero essere inferiori se riguardanti 20.000 docenti piuttosto che 90.000.
Comunque con dei radicali correttivi, culturali ed organizzativi, le due ipotesi di Ianes possono essere prese in considerazione per ulteriori urgenti approfondimenti, specie in funzione di organici funzionali di reti di scuole, che però, a mio avviso, almeno per ora, non possono prescindere dalla presenza di docenti specializzati per il sostegno.
Come pure può approfondirsi l’ipotesi di appositi ruoli di sostegno presente nella proposta di legge FISH. Essa è stata avanzata per superare la crescente discontinuità di docenza assai dannosa specie per gli alunni con disabilità intellettive e relazionali. Se la formazione iniziale dei futuri docenti per il sostegno, specie di scuola secondaria, fosse simile a quella già prevista per i docenti della scuola dell’infanzia e primaria, cioè con formazione disciplinare di base a livello elementare e non di specializzazione disciplinare, il rischio paventato di creare una figura professionale che i docenti curricolari sentirebbero a loro estranea potrebbe essere fugato.
In conclusione il volume spinge a riflettere sul futuro prossimo dell’inclusione, stimolando, come pure fa, la ricerca anche sull’autovalutazione e sulla valutazione della sua qualità tramite indicatori che si inseriscano nell’insieme degli indicatori di qualità del sistema di istruzione, in cui il crescente ruolo della formazione dei docenti curricolari e dell’abbandono della delega dei docenti per il sostegno dovrebbero divenire aspetti essenziali.
A ciò induce a riflettere anche la recente pubblicazione di Allulli ed altri sull’autovalutazione di Istituto, che però, pur soffermandosi sugli indicatori di qualità del sistema, non approfondisce l’aspetto concernente gli indicatori sulla qualità inclusiva, che comunque il MIUR dovrà individuare in attuazione del DPR n° 80/13.
Pubblicato il 23/4/2014
Aggiornato il 5/5/2014
Avvocato Salvatore Nocera
Responsabile dell'area Normativo-Giuridica dell'Osservatorio dell’AIPD sull’integrazione scolastica