aledario
28-09-2012, 12:45
Maria Paola Colombo invece la conoscerò spero tra un paio di settimane, quando presenterà il suo meraviglioso libro, "Il negativo dell'amore" (Mondadori 2012) in piazza a Monza, in occasione della Giornata Nazionale della Sindrome di Down.
Il libro è un altro dei "must" da non perdere (tra l’altro Vincitore del prestigioso Premio Flaviano 2012). Anche se non parla specificatamente di SDD, uno dei suoi personaggi (soprannominato "Walker" per la sua passione per il famoso texas ranger che da il nome ad una celebre serie televisiva) è a 47 cromosomi.
Vi riporto qui sotto un estratto del libro… una delle prime pagine in cui si parla di Walker bambino, all’età di nove anni.
«Sono le quattro?» è tornato a domandare.
«Sì», il nonno è felice che siano le quattro, finalmente. È felice sempre quando a Walker può dire di sì.
Walker spinge più su gli occhiali che il sudore gli ha fatto scivolare sul naso. È così emozionato che gli sembra di non vedere bene. Gli scappa la pipì e tiene le gambe intrecciate. Non è il momento di andare da nessuna parte. Il sole intanto ha fatto un altro pezzo di cielo e ha arretrato l’ombra di un metro e più, lasciando Walker scoperto sulla sabbia che comincia a scottare.
Costumino Rosa arriva puntuale, abbarbicata a suo padre che, oltre a lei, tiene una borsa-frigo e un coccodrillo di gomma verde. Una donna li segue a qualche passo, incespicando su dei sandali alti e dorati. Con una mano si calca il cappello di paglia in testa, con l’altra cerca l’equilibrio.
Walker resta con la bocca aperta a guardare quei tre che avanzano, cercando uno spazio dove piantare l’ombrellone. Trattiene il respiro: la spiaggia si è riempita, non resta che una striscia in fondo, appena oltre il dosso dove la famiglia di Walker ha montato il gazebo. Anche se loro arrivano presto al mattino, si mettono sempre lì, un po’ lontano dal mare. È un posto comodo dove piazzare il telone e stare larghi senza dare fastidio a nessuno.
Così li guarda farsi vicini e più vicini ancora. Si fermano a qualche metro. Il padre appoggia sulla sabbia Costumino Rosa che subito comincia a saltellare per quanto le bruciano le piante dei piedi. E pure saltellano i due codini biondi e le ciliegie di plastica degli elastici con cui sono annodati.
«Ma sei matto!» squittisce la signora con i sandali d’oro. «Non la dovevi poggiare senza le ciabatte!»
Intanto Costumino Rosa ha scavato con i piedi due fossette nella sabbia, cercando il fresco sotto, e ora si guarda intorno allegra, piantata come uno stecco di ghiacciolo alla fragola.
Walker la vede ruotare la testa. Dondolare di codini e ciliegie. Poi Costumino Rosa si ferma, con la faccia rivolta a Walker.
Walker si sente una cosa dentro, un solletico che brucia. A metà tra la gioia di quando è salito la prima volta a cavallo e la vergogna di quando fa qualcosa di sbagliato, senza volere. Una cosa che gli viene da correre via a nascondersi. Però anche rimanere per sempre attaccato al palo del gazebo sotto al sole.
Costumino Rosa intanto ha un guizzo di sopracciglia, l’ha visto e alza una mano aperta per fare ciao. Walker sprofonda gli occhi, li butta giù a guardarsi i piedi. Solo allora si accorge del cerchio di sabbia umida. Maledetta pipì che se ne viene fuori quando uno è distratto. Si accorge anche della voce di sua madre che lo chiama da un po’. Si è alzata e ora gli sta appoggiando una mano sulla spalla.
«Walker!» La mamma si è chinata e gli sfila dalle orecchie, prima la destra e poi la sinistra, l’apparecchio acustico per vedere che non sia finita la pila. Ogni tanto succede e il mondo diventa un acquario di pesci che masticano aria.
«Walker! Mi senti?» Più che guardare occorre fare la prova suono. Quando cambiano la batteria fanno sempre uno due tre prova.
Walker si è lasciato fare, senza staccare gli occhi da Costumino Rosa a cui il padre sta infilando i braccioli.
«No» protesta quando lei gli prende la faccia tra le mani perché lui la guardi mentre gli parla.
«Ma insomma, Walker» Mariarosa sta perdendo la pazienza, «ci senti o no?»
Allora la mamma si accorge della sabbia bagnata di piscio e il costume davanti anche.
«Ma che hai fatto!» lo sgrida scuotendolo per un braccio.
Walker guarda Costumino Rosa che ha voltato la faccia curiosa di qua, poi guarda sua madre che intanto ha ripreso a strillare.
«Non sei mica Caterina! Vergogna!» Le hanno detto al Centro di non soprassedere mai su certe cose. Di usare la stessa severità che riserverebbe a un altro qualsiasi dei suoi figli. Se si mette ad accettare che a nove anni Walker si pisci addosso o dorma nel lettone, soltanto perché è down, finirà per farne un cretino davvero. Uno da cui non ci si aspetta nulla. Per questo aggiunge al resto una sculacciata secca.
«Non sono stato io» urla all’improvviso Walker. Uno strillo che si voltano fino alla terza fila di ombrelloni. Mariarosa si blocca con la mano a mezz’aria e il secondo scapaccione in canna, registra di passaggio il fatto che Walker ci sente e quindi quelle maledette pile sono a posto.
«Ma che dici? Le bugie?» Questo è l’altro fatto nuovo. Dov’è il suo bambino buono?
Il nonno si è alzato dalla sedia. Dopo un paio d’ore che è seduto, gli ci va un po’ a raddrizzarsi e, massaggiandosi la schiena, si è avvicinato.
«Mariaro’» le ha appoggiato una mano sul braccio. «Eddai.»
«Tu non ti intromettere» gli risponde la figlia, «il signorino se l’è fatta addosso e dice pure le fregnacce.»
«Gaeta’! Non ti mettere di mezzo!» La nonna si è svegliata con tutto quel fracasso, giusto in tempo per tuonare contro il marito. Le fa eco l’urlo di sirena di Caterina.
Nella confusione generale Walker guarda verso il bagnasciuga. Costumino Rosa è sparita dentro al mare. Chissà se prima di andare ha fatto in tempo a sentire che non è stato lui. Speriamo.
A osservarli è rimasta solo la Signora con i Sandali d’Oro, che si sta spruzzando addosso dell’acqua abbronzante con un erogatore arancione. Quando incontra gli occhi di Walker abbassa lei la faccia, con l’espressione di uno che ha visto qualcosa come una cacca di cane sul marciapiede.
«Ma lo dovevi vedere oggi» sta dicendo Mariarosa e intanto si spalma sulla faccia un dito di Cera di Cupra.
«Mariaro’, può capitare anche a un bambino normale di farsi la pipì addosso» le risponde il marito dal letto.
Dalla portafinestra aperta entra un alito di vento e il rumore dei grilli. È una mezz’ora della sera buona, questa qui. Con tutti i figli appena addormentati, prima che la fame o un sogno svegli uno o l’altro.
«Non dire quella parola» lo ammonisce la moglie. E Domenico non le domanda a quale parola si riferisca. Lo sanno e basta, qual è la cosa sbagliata di quella frase.
«E comunque» riprende Mariarosa che nel frattempo ha finito di spalmare e si fa vento con una rivista, perché la crema con quel caldo le dà un peso sulla faccia, «comunque il fatto non è la pipì, ma come si è messo a strillare. E a dire che non era vero. Pareva impazzito.»
«Secondo me si vergognava» taglia corto lui. «Pure tu, potevi lasciare correre.»
«L’ha detto il professore che è sbagliato» ha preso quella vocina da maestra. «Domenico, noi lo dobbiamo crescere bene Walker. Se no un domani che adulto sarà? Come baderà a se stesso?»
Domenico non dice niente, scosta il lenzuolo e si alza. Si appoggia a uno stipite e guarda fuori la campagna di notte. C’è una luna larga che illumina d’argento le piante di olivo. Qualche podere più in là, abbaia un cane alla catena.
[…]
«Papà» l’ha chiamato Costumino Rosa.
«Faccio presto. Un tuffo solo» le ha risposto da lontano.
Invece dall’acqua pare non dover uscire più. È un pezzo che è là, a saltare le onde.
Costumino Rosa si annoia da morire: sua madre è sdraiata a pancia in giù, intenta a leggere una rivista e sonnecchiare.
Walker la guarda di sottecchi, da sopra la spalla. Infatti è voltato a mezza schiena e ravana nella sabbia. Monica, la sua istruttrice del maneggio, gli ha spiegato che è il modo migliore per fare amicizia con i cavalli: tu fai finta che non li guardi e loro diventano curiosi, piano piano si avvicinano.
Per questo sorride quando sente addosso il fresco di un’ombra piccola.
«Cosa fai?» Costumino Rosa si è avvicinata in punta di piedi, perché sua madre non si accorgesse che s’allontanava. Ha una voce bellissima. Come se stesse ridendo sempre.
«Scavo» spiega Walker senza voltarsi. Se fai un movimento brusco scappano, i cavalli.
«Perché?» si informa.
«Per trovare il tesoro», è un altro gioco che gli ha insegnato nonno Gaetano. La spiaggia è piena di tesori che il mare rovescia da isole lontane: pezzi di vetro allisciato, conchiglie, tappi. Una volta ha persino trovato una chiave con su scritto Fiat. Ancora la tiene nella scatola sotto al letto: prima o poi troverà una porta Fiat di un castello Fiat, da aprire con quella chiave.
«Bello» dice Costumino Rosa. «Ti posso aiutare?»
«Sì, certo», adesso è il momento buono per alzare la testa perché oramai hanno fatto amicizia. Costumino Rosa si accoccola al suo fianco e piglia pure lei a scavare, le unghie che brillano di smalto trasparente nella sabbia della buca come conchiglie minuscole.
«Tu quanti anni hai?» domanda dopo un po’ lei, tutta concentrata nel lavoro.
«Nove» le risponde, esaminando un mozzicone di sigaretta che si è trovato tra le dita. «Tu?»
«Cinque e mezzo.» Lei ha smesso di scavare un attimo per dare la giusta importanza alla notizia: «Io all’asilo sono nelle Pere».
All’asilo di Costumino Rosa ogni classe corrisponde a un frutto. Walker ci pensa un po’ su. Non sa che senso attribuire a questa informazione.
«Buone» dice alla fine, «le pere.» […]
«Uh» fa Costumino. E solleva il braccio in aria. Il vento stacca un po’ di sabbia secca che finisce negli occhi di Walker, facendogli sbattere le palpebre. In condizioni normali chiamerebbe sua madre per farsela levare. Invece resta lì a sfregarsi con il dorso del braccio, tenendo con l’altra mano gli occhiali che si è levato.
«Uh» fa di nuovo Costumino.
Walker riesce a riaprire un occhio. Con quello vede la moneta d’argento.
«Il tesoro!» dice. «Il tesoro!»
È una moneta sottile, con sopra un delfino e il numero cinque. Walker si è rificcato gli occhiali per vedere meglio.
«Delfino» dice con l’aria da intenditore. «Cinque.»
«Adesso dobbiamo trovare le altre che stanno sotto.» Angelo ha dato voce al pensiero di tutti e tre. E infatti si rimettono a scavare veloci.
«Io ho un criceto che si chiama Biscotto» racconta Costumino, e volta la faccia verso Walker, per vedere che effetto fa questa notizia. «Gira nella ruota.»
«E non diventa scimunito?» interviene Angelo.
«Lui è intelligentissimo» puntualizza seccata Costumino.
«Io ho un cavallo che si chiama Fulmine» dice Walker.
«Davvero?» si stupisce lei. «E dove lo tieni?»
«Nella stalla» le spiega. Ha una voce tranquilla tranquilla.
«E non ti fa paura?» Costumino Rosa vive a Milano. I cavalli li ha visti solo alla televisione. Sono molto più grandi di un criceto e, dal suo punto di vista, stanno in gruppo insieme ai leoni e alle giraffe.
«No», Walker si è messo a ridere. «È buono. Mangia le mele.»
Poi gli viene un pensiero. Nebuloso.
«Le pere non le mangia» precisa, dando voce a questa idea vaga che riguarda l’altrettanto vaga faccenda delle Pere all’asilo.
Lei gli salta al collo e gli dà un bacio sulla guancia. Così. Gli cadono gli occhiali. Gli viene da ridere.
«Che schifo!» commenta Angelo. «Siete fidanzati.»
Costumino Rosa si aggiusta il costume sui fianchi, prima di rimettersi a scavare con le sue unghiette belle. Walker guarda su, guarda giù, a destra e a sinistra.
«Le pere non le mangia» ripete e aspetta che succeda ancora. Abracadabra.
«È tornato il mio papà» annuncia Costumino.
Suo padre è arrivato correndo e sgocciolando acqua. Per questo la Signora con i Sandali d’Oro si è svegliata e si è tirata su, guardandosi intorno spaurita. Sua figlia dov’è? Ora entrambi setacciano la spiaggia con occhiate inquiete. La vedono.
«Ora mia mamma mi sgrida» dice lei a Walker, con la voce rimpicciolita dallo spavento.
«No», Walker si è raddrizzato e le prende la mano. Hanno le mani grandi uguali, piccole uguali, come le due metà di un biscotto e in mezzo la marmellata di sabbia e sudore.
«Vieni subito qui», la Signora con i Sandali d’Oro ha un tono perentorio e acido. Si è fermata a un paio di metri. «Lo sai che non ti devi allontanare.»
Costumino fa tre passi verso di lei. Ancora tiene la mano di Walker, e le braccia in mezzo si tendono, come fossero una corda.
«Lasciala» gli dice la mamma di Costumino.
«No» risponde Walker voltando verso di lei l’orecchio sinistro. Dal destro è sordo, per via del fatto che si è levato l’apparecchio per farlo vedere alla bambina. Il suo orecchio meccanico. Costumino l’ha preso in mano e lì è rimasto. Ancora lo tiene lei, nel pugno chiuso.
«Dov’è tua madre?» La mamma di Costumino sembra quasi spaventata. Suo marito si sta alzando dall’asciugamano dove si è seduto, una volta localizzata la figlia.
«Corinna» arriva e si rivolge alla moglie, «che succede?»
«Questo qui non vuole lasciarla», è un tono tra lo strillo e il pianto.
«Papà» Costumino si è illuminata a vedere il padre, «guarda cos’ho!»
E apre la mano. Sul palmo sporco di sabbia, la protesi è una conchiglia di plastica rosa carne.
«Cosa...», quando la Signora con i Sandali d’Oro capisce cos’è, resta senza fiato. «Butta quella roba!»
Costumino è interdetta. Si volta a guardare il padre per avere un indizio di interpretazione. E poi Walker, che sta facendo un sorriso largo d’orgoglio. Il suo orecchio meccanico. Costa tanti soldi. Glielo dice sempre sua mamma, che è un gioiello.
«Buttalo! Buttalo! Buttalo!» continua a gridare la Signora in preda all’isteria.
«Corinna, smettila», è di nuovo il padre di Costumino, che intanto si è chinato a esaminare l’oggetto.
«Ma tu non fai niente!» gli strilla in risposta lei.
«Da grandi» Walker si rivolge a lui che invece è rimasto calmo. Ha preso dalla mano della figlia l’apparecchio acustico e glielo sta restituendo, «ci sposiamo.»
«Be’», l’uomo è incerto, sorride, smette di sorridere, sorride di nuovo in un modo strano, «prima dovete crescere.»
Quello stesso sorriso Walker l’ha visto sulla faccia di suo padre, quando la mamma dice che andrà all’università. O quando gli domandano cosa vuole fare da grande e lui risponde: l’eroe.
«Andiamo, cucciola, che ti porto a prendere il gelato», ora sta parlando a Costumino.
Lei scioglie le dita e gli vola in braccio.
«Ma tesoro, ti piace davvero quel bambino?» le chiede la Signora con i Sandali d’oro che si è calmata, mentre vanno via.
«Sì» dice Costumino Rosa.
«Ma non lo vedi che ha qualcosa che non va?» prosegue sua madre.
«Perché è cinese?», è ancora la voce di lei, quella voce che ride. Quel bambino ha gli occhi da cinese. E un cavallo. E sa trovare i tesori. E non si agita, nemmeno quando sua madre strilla. Certo che le piace. Tantissimo.
«Perché è handicappato» sentenzia, esasperata. «Non è normale.»
«Corinna», è suo marito.
«Vabbè scusa, ma deve capire anche lei come stanno le cose», lei, piccata, aggiustandosi le coppe del reggiseno.
Walker non li sente più. Sono troppo lontani. Oltre le loro stuoie, verso il chiosco dei gelati, sotto le palme. Però la vede ancora. Pure lei lo sta guardando, da sopra la spalla del padre. Agita qualcosa in una mano, qualcosa che scintilla.
«Delfino» dice Walker. «Cinque.»
Maria Paola Colombo – Il negativo dell’amore – Mondarori 2012
Il libro è un altro dei "must" da non perdere (tra l’altro Vincitore del prestigioso Premio Flaviano 2012). Anche se non parla specificatamente di SDD, uno dei suoi personaggi (soprannominato "Walker" per la sua passione per il famoso texas ranger che da il nome ad una celebre serie televisiva) è a 47 cromosomi.
Vi riporto qui sotto un estratto del libro… una delle prime pagine in cui si parla di Walker bambino, all’età di nove anni.
«Sono le quattro?» è tornato a domandare.
«Sì», il nonno è felice che siano le quattro, finalmente. È felice sempre quando a Walker può dire di sì.
Walker spinge più su gli occhiali che il sudore gli ha fatto scivolare sul naso. È così emozionato che gli sembra di non vedere bene. Gli scappa la pipì e tiene le gambe intrecciate. Non è il momento di andare da nessuna parte. Il sole intanto ha fatto un altro pezzo di cielo e ha arretrato l’ombra di un metro e più, lasciando Walker scoperto sulla sabbia che comincia a scottare.
Costumino Rosa arriva puntuale, abbarbicata a suo padre che, oltre a lei, tiene una borsa-frigo e un coccodrillo di gomma verde. Una donna li segue a qualche passo, incespicando su dei sandali alti e dorati. Con una mano si calca il cappello di paglia in testa, con l’altra cerca l’equilibrio.
Walker resta con la bocca aperta a guardare quei tre che avanzano, cercando uno spazio dove piantare l’ombrellone. Trattiene il respiro: la spiaggia si è riempita, non resta che una striscia in fondo, appena oltre il dosso dove la famiglia di Walker ha montato il gazebo. Anche se loro arrivano presto al mattino, si mettono sempre lì, un po’ lontano dal mare. È un posto comodo dove piazzare il telone e stare larghi senza dare fastidio a nessuno.
Così li guarda farsi vicini e più vicini ancora. Si fermano a qualche metro. Il padre appoggia sulla sabbia Costumino Rosa che subito comincia a saltellare per quanto le bruciano le piante dei piedi. E pure saltellano i due codini biondi e le ciliegie di plastica degli elastici con cui sono annodati.
«Ma sei matto!» squittisce la signora con i sandali d’oro. «Non la dovevi poggiare senza le ciabatte!»
Intanto Costumino Rosa ha scavato con i piedi due fossette nella sabbia, cercando il fresco sotto, e ora si guarda intorno allegra, piantata come uno stecco di ghiacciolo alla fragola.
Walker la vede ruotare la testa. Dondolare di codini e ciliegie. Poi Costumino Rosa si ferma, con la faccia rivolta a Walker.
Walker si sente una cosa dentro, un solletico che brucia. A metà tra la gioia di quando è salito la prima volta a cavallo e la vergogna di quando fa qualcosa di sbagliato, senza volere. Una cosa che gli viene da correre via a nascondersi. Però anche rimanere per sempre attaccato al palo del gazebo sotto al sole.
Costumino Rosa intanto ha un guizzo di sopracciglia, l’ha visto e alza una mano aperta per fare ciao. Walker sprofonda gli occhi, li butta giù a guardarsi i piedi. Solo allora si accorge del cerchio di sabbia umida. Maledetta pipì che se ne viene fuori quando uno è distratto. Si accorge anche della voce di sua madre che lo chiama da un po’. Si è alzata e ora gli sta appoggiando una mano sulla spalla.
«Walker!» La mamma si è chinata e gli sfila dalle orecchie, prima la destra e poi la sinistra, l’apparecchio acustico per vedere che non sia finita la pila. Ogni tanto succede e il mondo diventa un acquario di pesci che masticano aria.
«Walker! Mi senti?» Più che guardare occorre fare la prova suono. Quando cambiano la batteria fanno sempre uno due tre prova.
Walker si è lasciato fare, senza staccare gli occhi da Costumino Rosa a cui il padre sta infilando i braccioli.
«No» protesta quando lei gli prende la faccia tra le mani perché lui la guardi mentre gli parla.
«Ma insomma, Walker» Mariarosa sta perdendo la pazienza, «ci senti o no?»
Allora la mamma si accorge della sabbia bagnata di piscio e il costume davanti anche.
«Ma che hai fatto!» lo sgrida scuotendolo per un braccio.
Walker guarda Costumino Rosa che ha voltato la faccia curiosa di qua, poi guarda sua madre che intanto ha ripreso a strillare.
«Non sei mica Caterina! Vergogna!» Le hanno detto al Centro di non soprassedere mai su certe cose. Di usare la stessa severità che riserverebbe a un altro qualsiasi dei suoi figli. Se si mette ad accettare che a nove anni Walker si pisci addosso o dorma nel lettone, soltanto perché è down, finirà per farne un cretino davvero. Uno da cui non ci si aspetta nulla. Per questo aggiunge al resto una sculacciata secca.
«Non sono stato io» urla all’improvviso Walker. Uno strillo che si voltano fino alla terza fila di ombrelloni. Mariarosa si blocca con la mano a mezz’aria e il secondo scapaccione in canna, registra di passaggio il fatto che Walker ci sente e quindi quelle maledette pile sono a posto.
«Ma che dici? Le bugie?» Questo è l’altro fatto nuovo. Dov’è il suo bambino buono?
Il nonno si è alzato dalla sedia. Dopo un paio d’ore che è seduto, gli ci va un po’ a raddrizzarsi e, massaggiandosi la schiena, si è avvicinato.
«Mariaro’» le ha appoggiato una mano sul braccio. «Eddai.»
«Tu non ti intromettere» gli risponde la figlia, «il signorino se l’è fatta addosso e dice pure le fregnacce.»
«Gaeta’! Non ti mettere di mezzo!» La nonna si è svegliata con tutto quel fracasso, giusto in tempo per tuonare contro il marito. Le fa eco l’urlo di sirena di Caterina.
Nella confusione generale Walker guarda verso il bagnasciuga. Costumino Rosa è sparita dentro al mare. Chissà se prima di andare ha fatto in tempo a sentire che non è stato lui. Speriamo.
A osservarli è rimasta solo la Signora con i Sandali d’Oro, che si sta spruzzando addosso dell’acqua abbronzante con un erogatore arancione. Quando incontra gli occhi di Walker abbassa lei la faccia, con l’espressione di uno che ha visto qualcosa come una cacca di cane sul marciapiede.
«Ma lo dovevi vedere oggi» sta dicendo Mariarosa e intanto si spalma sulla faccia un dito di Cera di Cupra.
«Mariaro’, può capitare anche a un bambino normale di farsi la pipì addosso» le risponde il marito dal letto.
Dalla portafinestra aperta entra un alito di vento e il rumore dei grilli. È una mezz’ora della sera buona, questa qui. Con tutti i figli appena addormentati, prima che la fame o un sogno svegli uno o l’altro.
«Non dire quella parola» lo ammonisce la moglie. E Domenico non le domanda a quale parola si riferisca. Lo sanno e basta, qual è la cosa sbagliata di quella frase.
«E comunque» riprende Mariarosa che nel frattempo ha finito di spalmare e si fa vento con una rivista, perché la crema con quel caldo le dà un peso sulla faccia, «comunque il fatto non è la pipì, ma come si è messo a strillare. E a dire che non era vero. Pareva impazzito.»
«Secondo me si vergognava» taglia corto lui. «Pure tu, potevi lasciare correre.»
«L’ha detto il professore che è sbagliato» ha preso quella vocina da maestra. «Domenico, noi lo dobbiamo crescere bene Walker. Se no un domani che adulto sarà? Come baderà a se stesso?»
Domenico non dice niente, scosta il lenzuolo e si alza. Si appoggia a uno stipite e guarda fuori la campagna di notte. C’è una luna larga che illumina d’argento le piante di olivo. Qualche podere più in là, abbaia un cane alla catena.
[…]
«Papà» l’ha chiamato Costumino Rosa.
«Faccio presto. Un tuffo solo» le ha risposto da lontano.
Invece dall’acqua pare non dover uscire più. È un pezzo che è là, a saltare le onde.
Costumino Rosa si annoia da morire: sua madre è sdraiata a pancia in giù, intenta a leggere una rivista e sonnecchiare.
Walker la guarda di sottecchi, da sopra la spalla. Infatti è voltato a mezza schiena e ravana nella sabbia. Monica, la sua istruttrice del maneggio, gli ha spiegato che è il modo migliore per fare amicizia con i cavalli: tu fai finta che non li guardi e loro diventano curiosi, piano piano si avvicinano.
Per questo sorride quando sente addosso il fresco di un’ombra piccola.
«Cosa fai?» Costumino Rosa si è avvicinata in punta di piedi, perché sua madre non si accorgesse che s’allontanava. Ha una voce bellissima. Come se stesse ridendo sempre.
«Scavo» spiega Walker senza voltarsi. Se fai un movimento brusco scappano, i cavalli.
«Perché?» si informa.
«Per trovare il tesoro», è un altro gioco che gli ha insegnato nonno Gaetano. La spiaggia è piena di tesori che il mare rovescia da isole lontane: pezzi di vetro allisciato, conchiglie, tappi. Una volta ha persino trovato una chiave con su scritto Fiat. Ancora la tiene nella scatola sotto al letto: prima o poi troverà una porta Fiat di un castello Fiat, da aprire con quella chiave.
«Bello» dice Costumino Rosa. «Ti posso aiutare?»
«Sì, certo», adesso è il momento buono per alzare la testa perché oramai hanno fatto amicizia. Costumino Rosa si accoccola al suo fianco e piglia pure lei a scavare, le unghie che brillano di smalto trasparente nella sabbia della buca come conchiglie minuscole.
«Tu quanti anni hai?» domanda dopo un po’ lei, tutta concentrata nel lavoro.
«Nove» le risponde, esaminando un mozzicone di sigaretta che si è trovato tra le dita. «Tu?»
«Cinque e mezzo.» Lei ha smesso di scavare un attimo per dare la giusta importanza alla notizia: «Io all’asilo sono nelle Pere».
All’asilo di Costumino Rosa ogni classe corrisponde a un frutto. Walker ci pensa un po’ su. Non sa che senso attribuire a questa informazione.
«Buone» dice alla fine, «le pere.» […]
«Uh» fa Costumino. E solleva il braccio in aria. Il vento stacca un po’ di sabbia secca che finisce negli occhi di Walker, facendogli sbattere le palpebre. In condizioni normali chiamerebbe sua madre per farsela levare. Invece resta lì a sfregarsi con il dorso del braccio, tenendo con l’altra mano gli occhiali che si è levato.
«Uh» fa di nuovo Costumino.
Walker riesce a riaprire un occhio. Con quello vede la moneta d’argento.
«Il tesoro!» dice. «Il tesoro!»
È una moneta sottile, con sopra un delfino e il numero cinque. Walker si è rificcato gli occhiali per vedere meglio.
«Delfino» dice con l’aria da intenditore. «Cinque.»
«Adesso dobbiamo trovare le altre che stanno sotto.» Angelo ha dato voce al pensiero di tutti e tre. E infatti si rimettono a scavare veloci.
«Io ho un criceto che si chiama Biscotto» racconta Costumino, e volta la faccia verso Walker, per vedere che effetto fa questa notizia. «Gira nella ruota.»
«E non diventa scimunito?» interviene Angelo.
«Lui è intelligentissimo» puntualizza seccata Costumino.
«Io ho un cavallo che si chiama Fulmine» dice Walker.
«Davvero?» si stupisce lei. «E dove lo tieni?»
«Nella stalla» le spiega. Ha una voce tranquilla tranquilla.
«E non ti fa paura?» Costumino Rosa vive a Milano. I cavalli li ha visti solo alla televisione. Sono molto più grandi di un criceto e, dal suo punto di vista, stanno in gruppo insieme ai leoni e alle giraffe.
«No», Walker si è messo a ridere. «È buono. Mangia le mele.»
Poi gli viene un pensiero. Nebuloso.
«Le pere non le mangia» precisa, dando voce a questa idea vaga che riguarda l’altrettanto vaga faccenda delle Pere all’asilo.
Lei gli salta al collo e gli dà un bacio sulla guancia. Così. Gli cadono gli occhiali. Gli viene da ridere.
«Che schifo!» commenta Angelo. «Siete fidanzati.»
Costumino Rosa si aggiusta il costume sui fianchi, prima di rimettersi a scavare con le sue unghiette belle. Walker guarda su, guarda giù, a destra e a sinistra.
«Le pere non le mangia» ripete e aspetta che succeda ancora. Abracadabra.
«È tornato il mio papà» annuncia Costumino.
Suo padre è arrivato correndo e sgocciolando acqua. Per questo la Signora con i Sandali d’Oro si è svegliata e si è tirata su, guardandosi intorno spaurita. Sua figlia dov’è? Ora entrambi setacciano la spiaggia con occhiate inquiete. La vedono.
«Ora mia mamma mi sgrida» dice lei a Walker, con la voce rimpicciolita dallo spavento.
«No», Walker si è raddrizzato e le prende la mano. Hanno le mani grandi uguali, piccole uguali, come le due metà di un biscotto e in mezzo la marmellata di sabbia e sudore.
«Vieni subito qui», la Signora con i Sandali d’Oro ha un tono perentorio e acido. Si è fermata a un paio di metri. «Lo sai che non ti devi allontanare.»
Costumino fa tre passi verso di lei. Ancora tiene la mano di Walker, e le braccia in mezzo si tendono, come fossero una corda.
«Lasciala» gli dice la mamma di Costumino.
«No» risponde Walker voltando verso di lei l’orecchio sinistro. Dal destro è sordo, per via del fatto che si è levato l’apparecchio per farlo vedere alla bambina. Il suo orecchio meccanico. Costumino l’ha preso in mano e lì è rimasto. Ancora lo tiene lei, nel pugno chiuso.
«Dov’è tua madre?» La mamma di Costumino sembra quasi spaventata. Suo marito si sta alzando dall’asciugamano dove si è seduto, una volta localizzata la figlia.
«Corinna» arriva e si rivolge alla moglie, «che succede?»
«Questo qui non vuole lasciarla», è un tono tra lo strillo e il pianto.
«Papà» Costumino si è illuminata a vedere il padre, «guarda cos’ho!»
E apre la mano. Sul palmo sporco di sabbia, la protesi è una conchiglia di plastica rosa carne.
«Cosa...», quando la Signora con i Sandali d’Oro capisce cos’è, resta senza fiato. «Butta quella roba!»
Costumino è interdetta. Si volta a guardare il padre per avere un indizio di interpretazione. E poi Walker, che sta facendo un sorriso largo d’orgoglio. Il suo orecchio meccanico. Costa tanti soldi. Glielo dice sempre sua mamma, che è un gioiello.
«Buttalo! Buttalo! Buttalo!» continua a gridare la Signora in preda all’isteria.
«Corinna, smettila», è di nuovo il padre di Costumino, che intanto si è chinato a esaminare l’oggetto.
«Ma tu non fai niente!» gli strilla in risposta lei.
«Da grandi» Walker si rivolge a lui che invece è rimasto calmo. Ha preso dalla mano della figlia l’apparecchio acustico e glielo sta restituendo, «ci sposiamo.»
«Be’», l’uomo è incerto, sorride, smette di sorridere, sorride di nuovo in un modo strano, «prima dovete crescere.»
Quello stesso sorriso Walker l’ha visto sulla faccia di suo padre, quando la mamma dice che andrà all’università. O quando gli domandano cosa vuole fare da grande e lui risponde: l’eroe.
«Andiamo, cucciola, che ti porto a prendere il gelato», ora sta parlando a Costumino.
Lei scioglie le dita e gli vola in braccio.
«Ma tesoro, ti piace davvero quel bambino?» le chiede la Signora con i Sandali d’oro che si è calmata, mentre vanno via.
«Sì» dice Costumino Rosa.
«Ma non lo vedi che ha qualcosa che non va?» prosegue sua madre.
«Perché è cinese?», è ancora la voce di lei, quella voce che ride. Quel bambino ha gli occhi da cinese. E un cavallo. E sa trovare i tesori. E non si agita, nemmeno quando sua madre strilla. Certo che le piace. Tantissimo.
«Perché è handicappato» sentenzia, esasperata. «Non è normale.»
«Corinna», è suo marito.
«Vabbè scusa, ma deve capire anche lei come stanno le cose», lei, piccata, aggiustandosi le coppe del reggiseno.
Walker non li sente più. Sono troppo lontani. Oltre le loro stuoie, verso il chiosco dei gelati, sotto le palme. Però la vede ancora. Pure lei lo sta guardando, da sopra la spalla del padre. Agita qualcosa in una mano, qualcosa che scintilla.
«Delfino» dice Walker. «Cinque.»
Maria Paola Colombo – Il negativo dell’amore – Mondarori 2012