aledario
19-10-2011, 16:22
Piccin Editore ci manda la recensione di questo libro che volentieri pubblichiamo:
Autore/i: Drigo - Verlato - Ferrante - Chiandetti
Titolo: Il silenzio non è d'oro
Mese/Anno: novembre 2010
ISBN: 978-88-299-2106-5
Altri dati: 320 pagine, novembre 2010
http://www.piccin.it/books/7/7oh7ynNEvkCR-m.jpg
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Quando ad un bambino viene posta la diagnosi di malattia grave, inizia per lui e per la sua famiglia un cammino particolarmente lungo e difficoltoso che deve durare per tutto il decorso delle cure e oltre. La “presa in carico”, cioè il prendersi cura di tutti gli aspetti più strettamente medici ma anche psicologici e sociali in grado di aiutarlo a meglio comprendere e accettare ciò che sta succedendo, diventa indispensabile per accompagnarlo al conseguimento dell’obiettivo “vera guarigione” o comunque, qualora la situazione fosse più complessa la “miglior qualità di vita”. Nulla però deve essere lasciato al caso e occorre che tale strategia sia il punto di partenza di quella “Alleanza Terapeutica” dove vanno a confluire tutte le potenzialità operative delle persone che ruotano intorno al bambino e alla sua famiglia in modo che operatori sanitari (medici e infermiere), istituzioni (ospedale e società), volontari, sostenitori, non agiscano come “battitori liberi”, ma possano trovare insieme un’armonia di espressione e di operatività.
Per poter impostare una simile iniziativa occorre tenere ben in considerazione:
a) i bisogni della famiglia e del bambino, b) l’importanza del medico e/o pediatra di famiglia. La famiglia e il bambino (compatibilmente con la sua età) devono essere aiutati a comprendere la nuova realtà e le implicazioni che essa comporta sul futuro della loro vita e sui cambiamenti che la famiglia dovrà affrontare; avere certezze sulla diagnosi ed essere informati sulle caratteristiche della malattia, sulla prognosi e le possibilità di cura; non sentirsi isolati, avere fi ducia nel Centro e nei medici curanti, poter contare su un’équipe multidisciplinare e sul proprio pediatra curante in grado di infondere fiducia e capacità di reazione positiva nell’impegno a sconfi ggere la malattia.
Il medico/pediatra di libera scelta deve assistere la famiglia nella definizione del programma di cura: assicurare al bambino un momento di continuità con la realtà precedente, saper infondere fi ducia nella famiglia ed aiutarla nelle eventuali necessità di scelte diffi cili ed impegnative (sia in caso di evoluzione favorevole che meno favorevole).
Il percorso da fare è lungo e articolato e inizia con l’esordio della malattia del bambino. La comunicazione di diagnosi alla famiglia e al bambino contraddistingue l’avvio di questo cammino dove più che la diagnosi occorre comunicare l’intero “progetto di cura”.
Progetto quindi è tutto ciò che ruota intorno al bambino e alla famiglia e tutto ciò che la malattia comporta; progetto è qualcosa di più che semplice diagnosi, dei soli termini scientifi ci e tecnici, progetto di cura apre una panoramica e un orizzonte ben più ampi: quali sono i cambiamenti da aff rontare e come li aiutiamo ad aff rontarli e con che mezzi e con l’aiuto di chi.
Essere informati non vuol dire capire ma condividere, accogliere non vuol dire comunicare ma dedicare … tempo, dedizione, impegno, professionalità e omogeneità, caratteristiche indispensabili di un intervento che possa accompagnare positivamente il bambino e i suoi genitori attraverso il “duro” cammino della malattia.
Comunicare quindi non è solo parlare ma è soprattutto condividere, come mi hanno scritto dei genitori dopo la morte del proprio figlio:
“La grande capacità di condivisione che abbiamo sperimentato ci ha aiutato a capire quanto è utile non perdersi nel proprio dolore ma renderlo fonte di energia tesa a sostenere chi si trova nello stesso bisogno. È attraverso la comprensione di ciò che si esprime la nostra riconoscenza e la gioia di avervi incontrato.
Vi abbracciamo forte con l’affetto di sempre e la condivisione più grande per aver varcato insieme il mistero del passaggio, del silenzio, dell’assenza, …” (lettera fi rmata).
Condividere signifi ca quindi mettere in comune e, conseguentemente, saper ascoltare oltre che saper parlare.
Il titolo di questo bellissimo ed importantissimo volume è intrigante perché, dando giusto risalto al linguaggio verbale (“il silenzio” infatti non è d’oro), sottolinea come “il parlare” abbia di fatto un’importanza fondamentale perché la qualità di vita di un bambino malato e della sua famiglia inizia proprio con la comunicazione del progetto di cura, di quel percorso cioè che li vedrà impegnati per un lungo periodo. L’etica è necessaria perché vuole e deve tutelare e responsabilizzare chi di fatto comunica.
Questo libro non solo ha questa ambizione, ma assolve pienamente alle sue finalità rendendosi strumento prezioso per chi, operatore sanitario e non, si avvicini al mondo della malattia e della sofferenza.
Momcilo Jankovic
Il libro può essere visionato ed acquistato qui:
Il silenzio non è d'oro (http://www.piccin.it/libri/9788829921065/il-silenzio-non-e-doro.html)
Autore/i: Drigo - Verlato - Ferrante - Chiandetti
Titolo: Il silenzio non è d'oro
Mese/Anno: novembre 2010
ISBN: 978-88-299-2106-5
Altri dati: 320 pagine, novembre 2010
http://www.piccin.it/books/7/7oh7ynNEvkCR-m.jpg
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Quando ad un bambino viene posta la diagnosi di malattia grave, inizia per lui e per la sua famiglia un cammino particolarmente lungo e difficoltoso che deve durare per tutto il decorso delle cure e oltre. La “presa in carico”, cioè il prendersi cura di tutti gli aspetti più strettamente medici ma anche psicologici e sociali in grado di aiutarlo a meglio comprendere e accettare ciò che sta succedendo, diventa indispensabile per accompagnarlo al conseguimento dell’obiettivo “vera guarigione” o comunque, qualora la situazione fosse più complessa la “miglior qualità di vita”. Nulla però deve essere lasciato al caso e occorre che tale strategia sia il punto di partenza di quella “Alleanza Terapeutica” dove vanno a confluire tutte le potenzialità operative delle persone che ruotano intorno al bambino e alla sua famiglia in modo che operatori sanitari (medici e infermiere), istituzioni (ospedale e società), volontari, sostenitori, non agiscano come “battitori liberi”, ma possano trovare insieme un’armonia di espressione e di operatività.
Per poter impostare una simile iniziativa occorre tenere ben in considerazione:
a) i bisogni della famiglia e del bambino, b) l’importanza del medico e/o pediatra di famiglia. La famiglia e il bambino (compatibilmente con la sua età) devono essere aiutati a comprendere la nuova realtà e le implicazioni che essa comporta sul futuro della loro vita e sui cambiamenti che la famiglia dovrà affrontare; avere certezze sulla diagnosi ed essere informati sulle caratteristiche della malattia, sulla prognosi e le possibilità di cura; non sentirsi isolati, avere fi ducia nel Centro e nei medici curanti, poter contare su un’équipe multidisciplinare e sul proprio pediatra curante in grado di infondere fiducia e capacità di reazione positiva nell’impegno a sconfi ggere la malattia.
Il medico/pediatra di libera scelta deve assistere la famiglia nella definizione del programma di cura: assicurare al bambino un momento di continuità con la realtà precedente, saper infondere fi ducia nella famiglia ed aiutarla nelle eventuali necessità di scelte diffi cili ed impegnative (sia in caso di evoluzione favorevole che meno favorevole).
Il percorso da fare è lungo e articolato e inizia con l’esordio della malattia del bambino. La comunicazione di diagnosi alla famiglia e al bambino contraddistingue l’avvio di questo cammino dove più che la diagnosi occorre comunicare l’intero “progetto di cura”.
Progetto quindi è tutto ciò che ruota intorno al bambino e alla famiglia e tutto ciò che la malattia comporta; progetto è qualcosa di più che semplice diagnosi, dei soli termini scientifi ci e tecnici, progetto di cura apre una panoramica e un orizzonte ben più ampi: quali sono i cambiamenti da aff rontare e come li aiutiamo ad aff rontarli e con che mezzi e con l’aiuto di chi.
Essere informati non vuol dire capire ma condividere, accogliere non vuol dire comunicare ma dedicare … tempo, dedizione, impegno, professionalità e omogeneità, caratteristiche indispensabili di un intervento che possa accompagnare positivamente il bambino e i suoi genitori attraverso il “duro” cammino della malattia.
Comunicare quindi non è solo parlare ma è soprattutto condividere, come mi hanno scritto dei genitori dopo la morte del proprio figlio:
“La grande capacità di condivisione che abbiamo sperimentato ci ha aiutato a capire quanto è utile non perdersi nel proprio dolore ma renderlo fonte di energia tesa a sostenere chi si trova nello stesso bisogno. È attraverso la comprensione di ciò che si esprime la nostra riconoscenza e la gioia di avervi incontrato.
Vi abbracciamo forte con l’affetto di sempre e la condivisione più grande per aver varcato insieme il mistero del passaggio, del silenzio, dell’assenza, …” (lettera fi rmata).
Condividere signifi ca quindi mettere in comune e, conseguentemente, saper ascoltare oltre che saper parlare.
Il titolo di questo bellissimo ed importantissimo volume è intrigante perché, dando giusto risalto al linguaggio verbale (“il silenzio” infatti non è d’oro), sottolinea come “il parlare” abbia di fatto un’importanza fondamentale perché la qualità di vita di un bambino malato e della sua famiglia inizia proprio con la comunicazione del progetto di cura, di quel percorso cioè che li vedrà impegnati per un lungo periodo. L’etica è necessaria perché vuole e deve tutelare e responsabilizzare chi di fatto comunica.
Questo libro non solo ha questa ambizione, ma assolve pienamente alle sue finalità rendendosi strumento prezioso per chi, operatore sanitario e non, si avvicini al mondo della malattia e della sofferenza.
Momcilo Jankovic
Il libro può essere visionato ed acquistato qui:
Il silenzio non è d'oro (http://www.piccin.it/libri/9788829921065/il-silenzio-non-e-doro.html)