Vi segnalo questo evento:
3 dicembre ore 21
cinema Palestrina
via Palestrina 7
ingresso libero
"una destinazione imprevista quattro storie di genitori alle prese con la prima comunicazione"
L'invito-->
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3 dicembre ore 21
cinema Palestrina
via Palestrina 7
ingresso libero
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Aggiungo le parole di Bomprezzi in merito
“Una destinazione imprevista” è un piccolo capolavoro. Quattro interviste si intersecano, attraverso un montaggio intelligente e dosato, frutto di una scrittura consapevole, e ci accompagnano alla scoperta della “prima comunicazione”, ossia dell’impatto, sempre drammatico e non messo nel conto, con la disabilità di un figlio, dopo il parto o dopo l’adozione. Mirko Locatelli e Giuditta Tarantelli sono riusciti a lavorare per successiva sottrazione, semplificando e asciugando racconti dignitosi e fermi, sensibili e umani,
ma mai patetici o carichi di angoscia. Valgono le parole dei genitori (parlano soprattutto le mamme: i padri sono a fianco, ascoltano, condividono, ma hanno quasi sempre un ruolo diverso), ma sono fondamentali anche i gesti, gli sguardi, i silenzi, i pudori, le pause. Sullo sfondo, non visti, ma raccontati con amore, i figli con disabilità. Parte decisiva del nuovo viaggio, intrapreso senza essere preparati né psicologicamente né culturalmente. La responsabilità che emerge lentamente attraverso le storie dei piccoli Alberto, Giulio,
Matteo e Tommaso è anche di chi, da medico, non è stato capace di accompagnare la comunicazione dell’imprevista disabilità con umanità e competenza. Il film non accusa, si limita a constatare. Il fatto è che il mondo della medicina che ruota attorno alla nascita dei bambini è finalizzato al “lieto evento”, ossia alla procreazione di figli “sani e belli”. L’eventualità che si verifichi un intoppo, un “guasto”, un disturbo non facilmente rimediabile, è come rimossa, non prevista, non contemplata dalla cultura dominante. Anche questa è discriminazione, è pensiero non inclusivo. La disabilità è una condizione umana possibile, anche se non altamente probabile. Questi genitori che si raccontano, e che hanno lucidamente presente l’intera storia personale, compresi dettagli, episodi, frasi, situazioni impresse nella mente in maniera indelebile, sono testimoni importanti di una dignitosa cultura della disabilità, che mai come adesso si basa sulla condivisione, sulla conoscenza, sulla rete, su messaggi non edulcorati ma neppure drammatici. Quaranta
minuti per pensare, per emozionarsi un po’, perfino per sorridere, mai per piangere, ma solo per vivere meglio.
Franco Bomprezzi
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