aledario
24-03-2009, 12:40
Un caso "diverso" da quelli che siamo soliti sentire ultimamente... dove a volte i genitori chiedono di interrompere ai figli cure perchè secondo loro potrebbero essere considerate accanimento terapeutico...
Qui la legge si è "imposta" su due genitori che invece vedevano nel loro bambino di nove mesi i segni di una vita nonostante tutto a tratti serena...
Sempre difficile la convivenza tra "il diritto" ...e la "potestà"...
Difficile ogni commento...
Morto a nove mesi: soffriva di una malattia incurabile
La Corte d'appello conferma il giudizio dell'Alta corte: «È falso che la medicina abbia una risposta per ogni cosa»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — «Baby Ot» è morto alle 10.08. I medici hanno staccato il ventilatore e il piccolo, in stato di incoscienza totale, dopo nove mesi di esistenza tormentata dalle sofferenze a causa di una inguaribile malattia metabolica complicata dalla mancanza di autonomia polmonare e da disturbi al cervello, ha smesso di respirare. L'addio è avvenuto davanti ai genitori che fino all'ultimo hanno combattuto una strenua battaglia legale per impedire che le cure venissero bloccate. Si sono arresi davanti a due verdetti dei giudici, quello di giovedì dell'Alta corte di Londra poi quello della Corte di appello nella notte successiva.
Hanno voluto stare con il loro «bellissimo figlio» fino all'ultimo istante e, attraverso l'avvocato, hanno ripetuto che la vita di «Baby Ot», un soprannome a garanzia della privacy, «doveva essere tutelata».
Un caso tristissimo ed estremo che fa riflettere. È giusto insistere nei trattamenti di un paziente che è infermo e il cui cuore batte grazie alle macchine? È giusto che la soluzione venga offerta dal diritto e non dalla famiglia? È giusto che un padre e una madre, che non danno il consenso, sia pure consapevoli della irreversibilità della situazione, siano costretti ad accettare la decisione di altri? E, infine, è giusto caricare la giustizia di una responsabilità morale così profonda? «Baby Ot» non poteva andare avanti: i medici erano stati categorici. «Il bambino non ha alcuna possibilità di recuperare, è sottoposto a cure dolorosissime, non risponde». Per lo staff clinico non c'era proprio più nulla da provare e sperimentare. «La convinzione comune — ha detto il professor Sam Leinster dell'Università dell'East Anglia, ricercatore intervistato dalla televisione pubblica — è che la medicina abbia una risposta per ogni cosa. Ma, purtroppo, ci sono situazioni in cui la medicina non è in grado di fare niente». La questione, nel caso di «Baby Ot» è sorta per quella frase: «cure dolorosissime». Se sono «cure dolorosissime» e il piccolo le avverte come tali è dunque in grado di esprimere una cosciente reazione: perché «condannarlo»? La mamma e il papà di «Baby Ot» si sono opposti alla posizione assunta dai sanitari per i quali, nell'interesse del bambino, sarebbe stato meglio staccare la spina. «In questi mesi abbiamo condiviso con nostro figlio ogni secondo e abbiamo avuto la gioia di condividere con lui momenti in cui era rilassato e non dava segnali di sofferenza eccessiva».
Per tale ragione, dieci giorni fa avevano chiesto all'Alta corte di impedire all'ospedale dove «Baby Ot» era ricoverato di sospendere la respirazione artificiale. Una resistenza disperata. In alcuni precedenti casi i giudici britannici si erano pronunciati con sentenze dal contenuto opposto. Nel marzo del 2006 avevano ordinato di proseguire nelle cure di «Baby Mb», una bambina di 19 mesi, ma nell'agosto dello stesso anno avevano dato il via libera alla interruzione di ogni trattamento per Leslie Burke. «Sappiamo in quale situazione orribile ci troviamo » hanno sottolineato i giudici. Il verdetto d'appello è arrivato prima dell'alba di sabato. «Non vi sono alternative». È stato comunicato ai genitori di «Baby Ot» che hanno chiesto di essere presenti all'addio. «È morto serenamente, ci mancherà tremendamente ma siamo orgogliosi di avere conosciuto il nostro meraviglioso figlio nella sua breve vita ».
Tristissimi, dignitosi. Poche parole, attraverso l'avvocato, senza accusare nessuno. Consapevoli, costretti ad accettare la realtà che scienza e amore possono talvolta prendere strade opposte. E scegliere è, per tutti i soggetti coinvolti, un dramma immenso.
http://www.corriere.it/cronache/09_marzo_22/cavalera_b39808a4-16c0-11de-a7e8-00144f486ba6.shtml
Qui la legge si è "imposta" su due genitori che invece vedevano nel loro bambino di nove mesi i segni di una vita nonostante tutto a tratti serena...
Sempre difficile la convivenza tra "il diritto" ...e la "potestà"...
Difficile ogni commento...
Morto a nove mesi: soffriva di una malattia incurabile
La Corte d'appello conferma il giudizio dell'Alta corte: «È falso che la medicina abbia una risposta per ogni cosa»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — «Baby Ot» è morto alle 10.08. I medici hanno staccato il ventilatore e il piccolo, in stato di incoscienza totale, dopo nove mesi di esistenza tormentata dalle sofferenze a causa di una inguaribile malattia metabolica complicata dalla mancanza di autonomia polmonare e da disturbi al cervello, ha smesso di respirare. L'addio è avvenuto davanti ai genitori che fino all'ultimo hanno combattuto una strenua battaglia legale per impedire che le cure venissero bloccate. Si sono arresi davanti a due verdetti dei giudici, quello di giovedì dell'Alta corte di Londra poi quello della Corte di appello nella notte successiva.
Hanno voluto stare con il loro «bellissimo figlio» fino all'ultimo istante e, attraverso l'avvocato, hanno ripetuto che la vita di «Baby Ot», un soprannome a garanzia della privacy, «doveva essere tutelata».
Un caso tristissimo ed estremo che fa riflettere. È giusto insistere nei trattamenti di un paziente che è infermo e il cui cuore batte grazie alle macchine? È giusto che la soluzione venga offerta dal diritto e non dalla famiglia? È giusto che un padre e una madre, che non danno il consenso, sia pure consapevoli della irreversibilità della situazione, siano costretti ad accettare la decisione di altri? E, infine, è giusto caricare la giustizia di una responsabilità morale così profonda? «Baby Ot» non poteva andare avanti: i medici erano stati categorici. «Il bambino non ha alcuna possibilità di recuperare, è sottoposto a cure dolorosissime, non risponde». Per lo staff clinico non c'era proprio più nulla da provare e sperimentare. «La convinzione comune — ha detto il professor Sam Leinster dell'Università dell'East Anglia, ricercatore intervistato dalla televisione pubblica — è che la medicina abbia una risposta per ogni cosa. Ma, purtroppo, ci sono situazioni in cui la medicina non è in grado di fare niente». La questione, nel caso di «Baby Ot» è sorta per quella frase: «cure dolorosissime». Se sono «cure dolorosissime» e il piccolo le avverte come tali è dunque in grado di esprimere una cosciente reazione: perché «condannarlo»? La mamma e il papà di «Baby Ot» si sono opposti alla posizione assunta dai sanitari per i quali, nell'interesse del bambino, sarebbe stato meglio staccare la spina. «In questi mesi abbiamo condiviso con nostro figlio ogni secondo e abbiamo avuto la gioia di condividere con lui momenti in cui era rilassato e non dava segnali di sofferenza eccessiva».
Per tale ragione, dieci giorni fa avevano chiesto all'Alta corte di impedire all'ospedale dove «Baby Ot» era ricoverato di sospendere la respirazione artificiale. Una resistenza disperata. In alcuni precedenti casi i giudici britannici si erano pronunciati con sentenze dal contenuto opposto. Nel marzo del 2006 avevano ordinato di proseguire nelle cure di «Baby Mb», una bambina di 19 mesi, ma nell'agosto dello stesso anno avevano dato il via libera alla interruzione di ogni trattamento per Leslie Burke. «Sappiamo in quale situazione orribile ci troviamo » hanno sottolineato i giudici. Il verdetto d'appello è arrivato prima dell'alba di sabato. «Non vi sono alternative». È stato comunicato ai genitori di «Baby Ot» che hanno chiesto di essere presenti all'addio. «È morto serenamente, ci mancherà tremendamente ma siamo orgogliosi di avere conosciuto il nostro meraviglioso figlio nella sua breve vita ».
Tristissimi, dignitosi. Poche parole, attraverso l'avvocato, senza accusare nessuno. Consapevoli, costretti ad accettare la realtà che scienza e amore possono talvolta prendere strade opposte. E scegliere è, per tutti i soggetti coinvolti, un dramma immenso.
http://www.corriere.it/cronache/09_marzo_22/cavalera_b39808a4-16c0-11de-a7e8-00144f486ba6.shtml