elsy63
06-11-2008, 09:37
Bimbi, quando parlare è un problema
L'Adige (05-11-2008)
TRENTO - Le logopediste sono in affanno. La domanda che arriva dai bambini trentini, e soprattutto dalle loro famiglie, è alta e loro non sono un esercito. Dell'unità operativa di neuropsichiatria infantile dell'azienda sanitaria trentina, per quanto riguarda il Trentino Nord (escluso Rovereto, Riva e il basso Trentino) fanno parte 18 logopediste che sono distribuite un po' sul territorio e un po' al centro di via Degasperi. Nel 2007 hanno seguito 1.244 bambini tra i zero e i 18 anni. Di questi, 582 rappresentavano nuovi casi. Il problema, al momento, è l'accesso ai servizi. Salvo i casi ritenuti di priorità assoluta, vuoi per la patologia vuoi per l'età del bambino (sotto i tre anni o in età adolescenziale, ad esempio), i tempi di attesa sono decisamente lunghi. Si parla di otto-dieci mesi soprattutto per i bambini che hanno tra i 6 e i 14 anni. «Stiamo riorganizzando la nostra accoglienza in modo da dare una risposta alle famiglie» - spiega la dottoressa Michela Agrimi, responsabile della struttura semplice dell'unità operativa di neuropsichiatria, che non nasconde come negli anni il lavoro sia decisamente aumentato. «Nel tempo c'è stata una ampia sensibilizzazione sulle problematiche del linguaggio e dell'apprendimento sia da parte della sanità che della scuola. Per questo i problemi ora emergono prima, fin dalla scuola materna. Un tempo i bambini venivano da noi a cinque anni, ora anche a due anni e mezzo. Questo ci permette di valutarli nel loro complesso». Sono molti i genitori che chiedono aiuto alle logopediste per ritardi nel linguaggio di bambini molto piccoli, anche sotto i tre anni. «Parliamo di ritardo semplice - spiega Alberta Pontalti, coordinatrice delle logopediste - quando non vi sono altri problemi nel bambino. Ritardi di questo genere sono spesso legati al fatto che oggi con i bambini si parla poco, non si raccontano loro storie, non si interagisce con loro. Ci sono molti input, ma non a livello espressivo». Ci sono poi molti bambini che mantengono un linguaggio infantile. «Questo perché spesso sono i genitori ad essere contenti di avere un bambino che parla da "tato", da piccolo. E le scarpe continuano a essere le "peppe" e tanti fonemi non vengono corretti. C'è poi una tendenza ad una minore capacità di ascolto da parte dei bambini sempre più improntati ad agire, a fare, che ad ascoltare». Lo scorso anno i bambini con un ritardo nel linguaggio semplice che si sono presentati alle logopediste che coprono il territorio del Trentino Nord sono stati più di 100. Altrettanti, se non di più, quelli che avevano come problema più evidente quello del linguaggio, ma sotto c'era dell'altro. Naturalmente i problemi legati al linguaggio sono tanti. Ci sono, ad esempio, anche i disfasici, i balbuzienti . Per tutti, una volta che si riesce ad eccedere al servizio, ci sono percorsi ad hoc. Per chi soffre di balbuzie, ad esempio, si sta predisponendo una convenzione con Marco Santilli, professionista di fuori regione che effettua corsi intensivi di gruppo di 15 giorni. Attualmente il professionista viene a Trento una-due volte all'anno mai i corsi per gli utenti sono a pagamento. Considerato che è stata provata l'efficacia del suo intervento e che le logopediste stesse dell'Azienda fanno riferimento a lui per risolvere o comunque migliorare la situazione dei pazienti con problemi di balbuzie, si sta appunto discutendo per una convenzione con lui. Altro grande ambito di lavoro delle logopediste sono i problemi di apprendimento, la dislessia innanzitutto. Su questo fronte si sono stati fatti passi da gigante grazie alla formazione delle insegnanti delle scuole: «Ora è difficile, se non impossibile, che sfugga un caso di dislessia - spiega Alberta Pontalti - anche se una diagnosi vera e propria si può fare solo in terza elementare. Prima certe problematiche possono essere collegate anche a una certa immaturità». Il rapporto scuola e logopediste è comunque molto stretto. Un gruppo di logopediste, privatamente, ha contatti con le insegnanti delle elementari già al primo e secondo anno. In questo modo le difficoltà di apprendimento vengono riconosciute e, attraverso qualche consiglio, spesso è possibile risolvere gran parte delle problematiche nel giro di pochi mesi. Solo una minima parte sono veri casi di dislessia». Per quest'ultima categoria non ci sono cure miracolose. «Non si guarisce, si migliora» - puntualizza Pontalti. «La presa in carico precoce - spiega ancora Agrimi - consenti di fare in modo che il bambino e il ragazzo superi l'ostacolo della lettura in modo che non venga depauperato il suo patrimonio intellettivo e ci sia quel sostegno psicologico necessario affinché questi bambini non perdano la stima in loro stessi». La recente legge Salvaterra, in materia, ha consentito di fare grossi passi avanti. «Oggi gli strumenti ci sono, le scuole hanno computer con programmi ad hoc, ci sono molti libri di testo con cd e le lavagne magnetiche e anche gli insegnanti, davanti ad un bambino dislessico, sanno che devono impostare una didattica particolare». In pratica come un miope non può studiare e fare certe cose senza occhiali, così un dislessico non può studiare attraverso la lettura. «Questo non vuol dire che un dislessico non possa laurearsi o andare avanti negli studi. Oggi questi bambini vengono individuati e per loro ci sono dei percorsi. Un tempo erano considerati semplicemente degli "svogliati", oggi non più».
L'Adige (05-11-2008)
TRENTO - Le logopediste sono in affanno. La domanda che arriva dai bambini trentini, e soprattutto dalle loro famiglie, è alta e loro non sono un esercito. Dell'unità operativa di neuropsichiatria infantile dell'azienda sanitaria trentina, per quanto riguarda il Trentino Nord (escluso Rovereto, Riva e il basso Trentino) fanno parte 18 logopediste che sono distribuite un po' sul territorio e un po' al centro di via Degasperi. Nel 2007 hanno seguito 1.244 bambini tra i zero e i 18 anni. Di questi, 582 rappresentavano nuovi casi. Il problema, al momento, è l'accesso ai servizi. Salvo i casi ritenuti di priorità assoluta, vuoi per la patologia vuoi per l'età del bambino (sotto i tre anni o in età adolescenziale, ad esempio), i tempi di attesa sono decisamente lunghi. Si parla di otto-dieci mesi soprattutto per i bambini che hanno tra i 6 e i 14 anni. «Stiamo riorganizzando la nostra accoglienza in modo da dare una risposta alle famiglie» - spiega la dottoressa Michela Agrimi, responsabile della struttura semplice dell'unità operativa di neuropsichiatria, che non nasconde come negli anni il lavoro sia decisamente aumentato. «Nel tempo c'è stata una ampia sensibilizzazione sulle problematiche del linguaggio e dell'apprendimento sia da parte della sanità che della scuola. Per questo i problemi ora emergono prima, fin dalla scuola materna. Un tempo i bambini venivano da noi a cinque anni, ora anche a due anni e mezzo. Questo ci permette di valutarli nel loro complesso». Sono molti i genitori che chiedono aiuto alle logopediste per ritardi nel linguaggio di bambini molto piccoli, anche sotto i tre anni. «Parliamo di ritardo semplice - spiega Alberta Pontalti, coordinatrice delle logopediste - quando non vi sono altri problemi nel bambino. Ritardi di questo genere sono spesso legati al fatto che oggi con i bambini si parla poco, non si raccontano loro storie, non si interagisce con loro. Ci sono molti input, ma non a livello espressivo». Ci sono poi molti bambini che mantengono un linguaggio infantile. «Questo perché spesso sono i genitori ad essere contenti di avere un bambino che parla da "tato", da piccolo. E le scarpe continuano a essere le "peppe" e tanti fonemi non vengono corretti. C'è poi una tendenza ad una minore capacità di ascolto da parte dei bambini sempre più improntati ad agire, a fare, che ad ascoltare». Lo scorso anno i bambini con un ritardo nel linguaggio semplice che si sono presentati alle logopediste che coprono il territorio del Trentino Nord sono stati più di 100. Altrettanti, se non di più, quelli che avevano come problema più evidente quello del linguaggio, ma sotto c'era dell'altro. Naturalmente i problemi legati al linguaggio sono tanti. Ci sono, ad esempio, anche i disfasici, i balbuzienti . Per tutti, una volta che si riesce ad eccedere al servizio, ci sono percorsi ad hoc. Per chi soffre di balbuzie, ad esempio, si sta predisponendo una convenzione con Marco Santilli, professionista di fuori regione che effettua corsi intensivi di gruppo di 15 giorni. Attualmente il professionista viene a Trento una-due volte all'anno mai i corsi per gli utenti sono a pagamento. Considerato che è stata provata l'efficacia del suo intervento e che le logopediste stesse dell'Azienda fanno riferimento a lui per risolvere o comunque migliorare la situazione dei pazienti con problemi di balbuzie, si sta appunto discutendo per una convenzione con lui. Altro grande ambito di lavoro delle logopediste sono i problemi di apprendimento, la dislessia innanzitutto. Su questo fronte si sono stati fatti passi da gigante grazie alla formazione delle insegnanti delle scuole: «Ora è difficile, se non impossibile, che sfugga un caso di dislessia - spiega Alberta Pontalti - anche se una diagnosi vera e propria si può fare solo in terza elementare. Prima certe problematiche possono essere collegate anche a una certa immaturità». Il rapporto scuola e logopediste è comunque molto stretto. Un gruppo di logopediste, privatamente, ha contatti con le insegnanti delle elementari già al primo e secondo anno. In questo modo le difficoltà di apprendimento vengono riconosciute e, attraverso qualche consiglio, spesso è possibile risolvere gran parte delle problematiche nel giro di pochi mesi. Solo una minima parte sono veri casi di dislessia». Per quest'ultima categoria non ci sono cure miracolose. «Non si guarisce, si migliora» - puntualizza Pontalti. «La presa in carico precoce - spiega ancora Agrimi - consenti di fare in modo che il bambino e il ragazzo superi l'ostacolo della lettura in modo che non venga depauperato il suo patrimonio intellettivo e ci sia quel sostegno psicologico necessario affinché questi bambini non perdano la stima in loro stessi». La recente legge Salvaterra, in materia, ha consentito di fare grossi passi avanti. «Oggi gli strumenti ci sono, le scuole hanno computer con programmi ad hoc, ci sono molti libri di testo con cd e le lavagne magnetiche e anche gli insegnanti, davanti ad un bambino dislessico, sanno che devono impostare una didattica particolare». In pratica come un miope non può studiare e fare certe cose senza occhiali, così un dislessico non può studiare attraverso la lettura. «Questo non vuol dire che un dislessico non possa laurearsi o andare avanti negli studi. Oggi questi bambini vengono individuati e per loro ci sono dei percorsi. Un tempo erano considerati semplicemente degli "svogliati", oggi non più».