Dadi
20-11-2007, 19:48
Ritornare nella dura realtà territoriale dopo essersi affacciati ad una finestra sul mondo ....è dura!
Vi riporto la mozione finale del convegno Erickson a cui ho partecipato nei giorni scorsi:
Mozione finale
“La nostra durezza per non perdere la nostra tenerezza”
Le 3.500 persone presenti al Convegno di Rimini promosso dal Centro Studi Erickson,
in collaborazione con le regioni Emilia Romagna, Marche, la Provincia Autonoma di Trento, le Università di Bologna e Bolzano, con il Patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione,della Direzione regionale scolastica dell’Emilia Romagna e della Presidenza della Repubblica, sono consapevoli che l’integrazione scolastica dei nostri studenti con disabilità, assieme a tutti i processi di inclusione sociale, sta subendo nel nostro Paese un’involuzione che va contrastata.
Sono a rischio diritti ed esperienze di cui il nostro Paese è orgoglioso in Europa.
Da tempo abbiamo elaborato documenti conclusivi che non sono utopie ma “adattamenti
ragionevoli” (per citare l’art. 24 della recente Convenzione ONU sui diritti delle
persone con disabilità) che non rappresentano soluzioni tecniche di carità ma elementi
strutturali per evitare discriminazioni e violazioni dei diritti umani. Nelle varie edizioni di
questo convegno abbiamo tratteggiato lo scenario di evoluzione entro cui l’inclusione sociale non è un atto di generosità ma il rispetto di diritti umani universalmente riconosciuti, alla scrittura dei quali il nostro Paese ha contribuito con la sua storia.
Ma la risposta istituzionale è stata finora quanto meno troppo vaga.
È “adattamento ragionevole” l’inclusione come dovere e patrimonio di tutti gli insegnanti,
considerando l’eterogeneità personale e culturale di tutti i nostri alunni. Per questo la formazione universale, profonda e diffusa delle competenze inclusive è ormai
emergenza nazionale che non può avere supplenze né lasciata soltanto alla buona volontà di alcuni.
È “adattamento ragionevole” considerare indispensabile la piena collaborazione tra
i servizi territoriali per realizzare ragionevolmente il progetto di vita di ciascuno, nella
logica della presa in carico, dell’accompagnamento fino alla vita adulta, del progetto di
vita.
È “adattamento ragionevole” considerare i livelli essenziali della Qualità per i nostri
alunni con disabilità come necessarie soglie di eguaglianza dei servizi, pena un Paese
diseguale. E’ soprattutto indispensabile che questi livelli siano osservati, e se non lo
sono vi siano strumenti di intervento cogenti e forti fino alla sanzione perché vengano
rispettati.
È “adattamento ragionevole” non considerare la quantità di risorse come problema
solo economico. Condanniamo gli sprechi, ma consideriamo realistico non scendere
sotto certe soglie che rendono impossibile il successo per tutti, non solo per le persone
con disabilità.
È “adattamento ragionevole” considerare l’inclusione come priorità nazionale,
come segno di rispetto dei diritti umani ed eccellenza di un Paese, inclusione che non
va considerata solo con “particolare attenzione”, come purtroppo scrivono le Nuove
indicazioni dei curricoli per la scuola di base, ma come priorità nazionale.
QUESTA VOLTA, A DIFFERENZA DEL PASSATO, ALLA POLITICA NON CHIEDIAMO NULLA.
La Politica conosce le questioni strutturali della crisi dell’integrazione. Sta a lei saper
rispondere.
Ma sappiamo che non basta più: in questa complessa fase sociale è necessario rilanciare
il personale e collettivo impegno di tutti. Sappiamo che anche la politica è arida se
non c’è un’alleanza sociale ed umana dal basso, nelle scuole, nel territorio, nelle relazioni
interpersonali e sociali, se non torna il gusto della comunità, dell’eguaglianza, dei diritti
realizzati.
Questa volta non chiediamo ad altri, ma ci impegniamo tutti in prima persona, perché
Don Milani ci ha insegnato, giusto 40 anni fa, che “sortirne insieme è la Politica”, quella
con la P maiuscola.
Chi di noi qui è insegnante di sostegno si impegna e lotta per non sentirsi più isolato, né
delegato in un’ aula di sostegno, né accessorio, ma il ponte di incontro e di mediazione
perché il sostegno, la didattica cooperativa e individualizzata, l’inclusione sia diffusa e
vissuta come normale da tutti i suoi colleghi. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi qui è insegnante di classe si impegna a non scaricare più agli altri la propria
responsabilità sull’inclusione di tutti, ma considerare sua competenza e impegno il lavorare per tutti e con tutti e ad abolire la parola “copertura”, perché la persona con disabilità non ha bisogno di guardiani, ma di apertura. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi opera nei servizi sociali ed educativi, si impegna a considerare decisivi integrazione e dialogo tra tutti gli operatori, sentendosi alla pari di tutti nel comune impegno a realizzare il “progetto di vita”. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi qui opera sul piano clinico e sanitario, si impegna al massimo rispetto della
persona con bisogni educativi speciali e della sua famiglia, come responsabili del proprio
destino, con una presa in carico attiva attraverso la propria deontologia competente,
sentendosi parte di una comunità scientifica che opera insieme nel territorio integrando
esperienze e linguaggi. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi qui opera nella ricerca scientifica clinica e pedagogica, si impegna a sentirsi
parte di una comunità professionale aperta e dialogante, mai proprietaria di poteri chiusi,
aperta perché la ricerca è indispensabile se libera. Questo con durezza e tenerezza.
Ma soprattutto, chi di noi qui è persona disabile si impegna oggi ad affermare i propri
diritti come inalienabili e ad esercitare a tutti i livelli il diritto-dovere di parola, di scelta,
l’autoaffermazione della propria identità unica e irripetibile, contro tutte le discriminazioni.
Si impegna ad essere cittadino fratello degli altri, risorsa per tutti, accomunato
dall’eguale pienezza umana. E ci avverte tutti che nulla sarà più fatto senza di lui o al
suo posto senza sentire la sua voce individuale ed associativa. Questo con durezza e
tenerezza.
E chi di noi qui è genitore si batterà e si impegnerà per una vita dignitosa e pienamente
compiuta per i propri figli, senza reticenze, ricatti e solitudini, offrendo la propria esperienza e competenza, riconosciuta come esercizio di cittadinanza utile per tutti.
Tutti coloro che sono qui presenti e che sottoscriveranno idealmente questo documento
si impegnano in prima persona, ognuno nel proprio lavoro quotidiano e nel rapporto
con le istituzioni, i servizi locali e la società civile, a sviluppare concretamente una
società inclusiva, sapendo bene che i diritti negati anche ad una sola persona sono una
crepa che può sgretolare l’intera società con il rischio di nuove barbarie.
Tutto questo con la necessaria durezza che i tempi richiedono, mai staccata però dalla nostra tenerezza.
Vi riporto la mozione finale del convegno Erickson a cui ho partecipato nei giorni scorsi:
Mozione finale
“La nostra durezza per non perdere la nostra tenerezza”
Le 3.500 persone presenti al Convegno di Rimini promosso dal Centro Studi Erickson,
in collaborazione con le regioni Emilia Romagna, Marche, la Provincia Autonoma di Trento, le Università di Bologna e Bolzano, con il Patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione,della Direzione regionale scolastica dell’Emilia Romagna e della Presidenza della Repubblica, sono consapevoli che l’integrazione scolastica dei nostri studenti con disabilità, assieme a tutti i processi di inclusione sociale, sta subendo nel nostro Paese un’involuzione che va contrastata.
Sono a rischio diritti ed esperienze di cui il nostro Paese è orgoglioso in Europa.
Da tempo abbiamo elaborato documenti conclusivi che non sono utopie ma “adattamenti
ragionevoli” (per citare l’art. 24 della recente Convenzione ONU sui diritti delle
persone con disabilità) che non rappresentano soluzioni tecniche di carità ma elementi
strutturali per evitare discriminazioni e violazioni dei diritti umani. Nelle varie edizioni di
questo convegno abbiamo tratteggiato lo scenario di evoluzione entro cui l’inclusione sociale non è un atto di generosità ma il rispetto di diritti umani universalmente riconosciuti, alla scrittura dei quali il nostro Paese ha contribuito con la sua storia.
Ma la risposta istituzionale è stata finora quanto meno troppo vaga.
È “adattamento ragionevole” l’inclusione come dovere e patrimonio di tutti gli insegnanti,
considerando l’eterogeneità personale e culturale di tutti i nostri alunni. Per questo la formazione universale, profonda e diffusa delle competenze inclusive è ormai
emergenza nazionale che non può avere supplenze né lasciata soltanto alla buona volontà di alcuni.
È “adattamento ragionevole” considerare indispensabile la piena collaborazione tra
i servizi territoriali per realizzare ragionevolmente il progetto di vita di ciascuno, nella
logica della presa in carico, dell’accompagnamento fino alla vita adulta, del progetto di
vita.
È “adattamento ragionevole” considerare i livelli essenziali della Qualità per i nostri
alunni con disabilità come necessarie soglie di eguaglianza dei servizi, pena un Paese
diseguale. E’ soprattutto indispensabile che questi livelli siano osservati, e se non lo
sono vi siano strumenti di intervento cogenti e forti fino alla sanzione perché vengano
rispettati.
È “adattamento ragionevole” non considerare la quantità di risorse come problema
solo economico. Condanniamo gli sprechi, ma consideriamo realistico non scendere
sotto certe soglie che rendono impossibile il successo per tutti, non solo per le persone
con disabilità.
È “adattamento ragionevole” considerare l’inclusione come priorità nazionale,
come segno di rispetto dei diritti umani ed eccellenza di un Paese, inclusione che non
va considerata solo con “particolare attenzione”, come purtroppo scrivono le Nuove
indicazioni dei curricoli per la scuola di base, ma come priorità nazionale.
QUESTA VOLTA, A DIFFERENZA DEL PASSATO, ALLA POLITICA NON CHIEDIAMO NULLA.
La Politica conosce le questioni strutturali della crisi dell’integrazione. Sta a lei saper
rispondere.
Ma sappiamo che non basta più: in questa complessa fase sociale è necessario rilanciare
il personale e collettivo impegno di tutti. Sappiamo che anche la politica è arida se
non c’è un’alleanza sociale ed umana dal basso, nelle scuole, nel territorio, nelle relazioni
interpersonali e sociali, se non torna il gusto della comunità, dell’eguaglianza, dei diritti
realizzati.
Questa volta non chiediamo ad altri, ma ci impegniamo tutti in prima persona, perché
Don Milani ci ha insegnato, giusto 40 anni fa, che “sortirne insieme è la Politica”, quella
con la P maiuscola.
Chi di noi qui è insegnante di sostegno si impegna e lotta per non sentirsi più isolato, né
delegato in un’ aula di sostegno, né accessorio, ma il ponte di incontro e di mediazione
perché il sostegno, la didattica cooperativa e individualizzata, l’inclusione sia diffusa e
vissuta come normale da tutti i suoi colleghi. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi qui è insegnante di classe si impegna a non scaricare più agli altri la propria
responsabilità sull’inclusione di tutti, ma considerare sua competenza e impegno il lavorare per tutti e con tutti e ad abolire la parola “copertura”, perché la persona con disabilità non ha bisogno di guardiani, ma di apertura. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi opera nei servizi sociali ed educativi, si impegna a considerare decisivi integrazione e dialogo tra tutti gli operatori, sentendosi alla pari di tutti nel comune impegno a realizzare il “progetto di vita”. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi qui opera sul piano clinico e sanitario, si impegna al massimo rispetto della
persona con bisogni educativi speciali e della sua famiglia, come responsabili del proprio
destino, con una presa in carico attiva attraverso la propria deontologia competente,
sentendosi parte di una comunità scientifica che opera insieme nel territorio integrando
esperienze e linguaggi. Questo con durezza e tenerezza.
Chi di noi qui opera nella ricerca scientifica clinica e pedagogica, si impegna a sentirsi
parte di una comunità professionale aperta e dialogante, mai proprietaria di poteri chiusi,
aperta perché la ricerca è indispensabile se libera. Questo con durezza e tenerezza.
Ma soprattutto, chi di noi qui è persona disabile si impegna oggi ad affermare i propri
diritti come inalienabili e ad esercitare a tutti i livelli il diritto-dovere di parola, di scelta,
l’autoaffermazione della propria identità unica e irripetibile, contro tutte le discriminazioni.
Si impegna ad essere cittadino fratello degli altri, risorsa per tutti, accomunato
dall’eguale pienezza umana. E ci avverte tutti che nulla sarà più fatto senza di lui o al
suo posto senza sentire la sua voce individuale ed associativa. Questo con durezza e
tenerezza.
E chi di noi qui è genitore si batterà e si impegnerà per una vita dignitosa e pienamente
compiuta per i propri figli, senza reticenze, ricatti e solitudini, offrendo la propria esperienza e competenza, riconosciuta come esercizio di cittadinanza utile per tutti.
Tutti coloro che sono qui presenti e che sottoscriveranno idealmente questo documento
si impegnano in prima persona, ognuno nel proprio lavoro quotidiano e nel rapporto
con le istituzioni, i servizi locali e la società civile, a sviluppare concretamente una
società inclusiva, sapendo bene che i diritti negati anche ad una sola persona sono una
crepa che può sgretolare l’intera società con il rischio di nuove barbarie.
Tutto questo con la necessaria durezza che i tempi richiedono, mai staccata però dalla nostra tenerezza.