gigliorosa
16-06-2007, 15:58
Questa lettera è stata scritta da una mamma di un bimbo down a don Leonardo Zega, che ha una rubrica fissa su Oggi, vi riporto sia la lettera che la risposta del sacerdote.
ANCHE UN FIGLIO DOWN PUO' ESSERE UNA BENEDIZIONE?
[/i]Mi è capitato di leggere un libro che mi ha sconvolto. In senso positivo, perchè vi ritrovo tanta parte della mia vita. E' un romanzo, ma così vicino alla realtà! La storia si muove attorno a una bimba, nata con la sindrome di Down, e alla sua famiglia: papà, mamma e un fratello gemello. Lui è un medico, che si vale della sua qualifica professionale per nascondere alla moglie la figlia disabile, facendole credere che è morta subito dopo il parto. Il racconto si distende così per 25 anni, fino a un finale a sorpresa che non voglio qui rivelare. Le scrivo per dirle che sto percorrendo anch'io con fatica ma con serenità, la stessa strada, avendo un bambino Down di sette anni. Fortunatamente non da sola, come la protagonista del romanzo, ma sostenuta da mio marito e dai due fratelli che stravedono per il piccolo. Non sono bigotta. ho lottato a lungo con Dio, ma ora sono in pace. Vorrei solo dire a chi fosse scoraggiato che anche un figlio così può essere una benedizione.
Eleonora
Ho letto il libro anticipatomi dall'editore lo scorso mese. Si chiama "Figlia del silenzio" e negli Stati Uniti è già un "caso": 3 milioni di copie vendute in poco tempo. Anche da noi sta scalando le classifiche. L'autrice, Kim Edwards, è una professoressa americana di 48 anni, alla sua prima esperienza letteraria, e il suo libro nasce dopo aver molto letto, visto e sentito. Perciò è così vicino alla vita. In Italia credo sia solo possibile paragonarne l'impatto con la testimonianza del compianto Giuseppe Pontiggia che sette anni fa ci commosse con "Nati due volte". La Edwards dice semplicemente: "ho voluto abbattere una barriera". Poi spiega: piccole, dolci creature, dotate di straordinaria sensibilità, i bambini Down hanno una loro visione originale del tempo, vivono concentrati intensamente sul presente, a differenza di noi adulti sempre propensi a continui rimandi al passato.
La bimba Down del libro scava inconsapevolmente abissi di dolore nella vita dei protagonisti e spacca la famiglia, fino a quando la "verità" dei fatti e dei sentimenti non viene finalmente rivelata. Ci sono almeno due ragioni che rendono il libro della Edwards degno di attenzione. Anche da noi questi bambini vivono ancora in uno stato di emarginazione: o all'interno di famiglie che " se ne vergognano" e li nascondono; oppure in brutti asili per deboli di mente, dove crescono, si sviluppano e muoiono ignorati dalla società. Certo le cose cambiano ma lentamente, la "barriera" che separa il mondo dei cosiddetti normali da quello dei disabili è ancora alta e qualsiasi cosa si faccia, anche un romanzo, per abbatterla, va salutata come una liberazione. Con grande delicatezza, poi, la lettrice accenna ai suoi tormenti spirituali. Anch'io, confessa, ho lottato a lungo con Dio e la pace è arrivata dopo un lungo travaglio interiore. E' una strada in salita la sua, che deve percorrere con la croce sulle spalle. Fortunatamente ha accanto il marito, figli, parenti e amici pronti a dare una mano. E sa valersi del loro aiuto con la convinzione che alla fine tutti abbiamo bisogno di tutti.
Ho scritto una mail a questo sacerdote, ve la riporto in un post sotto. Non mi ha risposto (gli ho scritto 8 giorni fa).
ANCHE UN FIGLIO DOWN PUO' ESSERE UNA BENEDIZIONE?
[/i]Mi è capitato di leggere un libro che mi ha sconvolto. In senso positivo, perchè vi ritrovo tanta parte della mia vita. E' un romanzo, ma così vicino alla realtà! La storia si muove attorno a una bimba, nata con la sindrome di Down, e alla sua famiglia: papà, mamma e un fratello gemello. Lui è un medico, che si vale della sua qualifica professionale per nascondere alla moglie la figlia disabile, facendole credere che è morta subito dopo il parto. Il racconto si distende così per 25 anni, fino a un finale a sorpresa che non voglio qui rivelare. Le scrivo per dirle che sto percorrendo anch'io con fatica ma con serenità, la stessa strada, avendo un bambino Down di sette anni. Fortunatamente non da sola, come la protagonista del romanzo, ma sostenuta da mio marito e dai due fratelli che stravedono per il piccolo. Non sono bigotta. ho lottato a lungo con Dio, ma ora sono in pace. Vorrei solo dire a chi fosse scoraggiato che anche un figlio così può essere una benedizione.
Eleonora
Ho letto il libro anticipatomi dall'editore lo scorso mese. Si chiama "Figlia del silenzio" e negli Stati Uniti è già un "caso": 3 milioni di copie vendute in poco tempo. Anche da noi sta scalando le classifiche. L'autrice, Kim Edwards, è una professoressa americana di 48 anni, alla sua prima esperienza letteraria, e il suo libro nasce dopo aver molto letto, visto e sentito. Perciò è così vicino alla vita. In Italia credo sia solo possibile paragonarne l'impatto con la testimonianza del compianto Giuseppe Pontiggia che sette anni fa ci commosse con "Nati due volte". La Edwards dice semplicemente: "ho voluto abbattere una barriera". Poi spiega: piccole, dolci creature, dotate di straordinaria sensibilità, i bambini Down hanno una loro visione originale del tempo, vivono concentrati intensamente sul presente, a differenza di noi adulti sempre propensi a continui rimandi al passato.
La bimba Down del libro scava inconsapevolmente abissi di dolore nella vita dei protagonisti e spacca la famiglia, fino a quando la "verità" dei fatti e dei sentimenti non viene finalmente rivelata. Ci sono almeno due ragioni che rendono il libro della Edwards degno di attenzione. Anche da noi questi bambini vivono ancora in uno stato di emarginazione: o all'interno di famiglie che " se ne vergognano" e li nascondono; oppure in brutti asili per deboli di mente, dove crescono, si sviluppano e muoiono ignorati dalla società. Certo le cose cambiano ma lentamente, la "barriera" che separa il mondo dei cosiddetti normali da quello dei disabili è ancora alta e qualsiasi cosa si faccia, anche un romanzo, per abbatterla, va salutata come una liberazione. Con grande delicatezza, poi, la lettrice accenna ai suoi tormenti spirituali. Anch'io, confessa, ho lottato a lungo con Dio e la pace è arrivata dopo un lungo travaglio interiore. E' una strada in salita la sua, che deve percorrere con la croce sulle spalle. Fortunatamente ha accanto il marito, figli, parenti e amici pronti a dare una mano. E sa valersi del loro aiuto con la convinzione che alla fine tutti abbiamo bisogno di tutti.
Ho scritto una mail a questo sacerdote, ve la riporto in un post sotto. Non mi ha risposto (gli ho scritto 8 giorni fa).